domenica 3 febbraio 2019

Per chi non fosse iscritto a Wattpad..."Riflessi": il mio thriller.

Buonasera a tutt*!
Viste le numerose richieste di amici ed amiche che vogliono leggere il mio racconto thriller "Riflessi" ma che non sono iscritti a Wattpad, ecco di seguito la versione integrale!


Qui o su Facebook, commentate, essendo il mio primo racconto non fantasy sono aperto a qualsiasi opinione e consiglio 😄

Tempo di lettura 15 minuti



Riflessi
di Davide Zaffaina

Mirror’s Reflection: realtà aumentata
Leo: Stavo giocando un po’ a Mirror’s Reflection. Me lo sono scaricato l’altro giorno, crack inclusa. Lo conosci?
Dante: No, di cosa si tratta?
Leo: È un titolo per PC uscito meno di un mese fa. Dopo averlo installato e crackato, il videogioco si connette al tuo profilo Facebook e a Google Earth per scaricare le mappe della zona in cui abiti e, in base ai tuoi dati, ai tuoi amici e ai tuoi interessi, crea una trama personalizzata.
Dante: Bella lì! Allora me lo scarico subito anch’io…
Leo: Puoi anche decidere il tipo di storia. Puoi scegliere se introdurre elementi gialli, thriller, fantasy o drammatici. Insomma, il genere lo scegli tu.
Dante: Scaricato! Mio caro Leo, ormai mi conosci bene, sai che vivo di tutto ciò che sta tra Il Signore degli Anelli e Star Wars.
Leo: Ti ho mai detto in tutti questi anni quanto sei nerd?
Dante: Me lo dirai un’altra volta, adesso lo installo. Ci vediamo domani al bar da Cin, solita ora, così ti dico…

Dante (offline): L’utente è impegnato.

Modulo di creazione PG
Nome: Dante
Cognome: Accorsi
Sesso: Maschio
Anni: 27
Città: Vicenza
Capelli: Biondo cenere
Occhi: Azzurri
Altezza: 1,76
Peso: 70
Professione: Studente

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Prologo: un senso di inquietudine
Un riflesso sul vetro del monitor, fugace: due piccoli occhi neri fissi su Dante.
Allucinazione dettata dal pensiero che torna ad una notizia del TG o un semplice riflesso?
La saracinesca è abbassata e la finestra della camera è chiusa come chiusa è la porta del bagno e quella che dà nel salottino.
La webcam è posta sopra il monitor; sulla sinistra la stampante spenta e muta a fianco del PC. Più in là il raccoglitore dei CD: una pila alta come un uomo, illuminata dalla luce bianca che lo schermo riversa nell’intera stanza e che si perde, nel buio, in fondo ad essa.
La mano di Dante stringe per un attimo il mouse e la freccia, rossa, si muove sullo schermo.
Sulla destra il profilo dell’appendiabiti, carico di indumenti ingobbiti. Poi la cassettiera e, sopra, uno specchio che riflette parte della stanza al cui interno lo specchio che riflette ancora se stesso, all’infinito… La luce dello schermo, infine, illumina appena il letto addossato alla parete. Il letto è sfatto perché non è abitudine di Dante rifarlo: lasciarlo arieggiare uccide gli acari. Il lenzuolo bianco spicca nell’oscurità, adagiato come una bandiera ammainata, inanimato come uno spettro immobile e dalla forma vagamente umanoide… O forse è solo la spiccata fantasia sferzata dalle redini della momentanea inquietudine?
Una piccola scossa che si origina da sotto i piedi di Dante, gli arriva dritta alla testa causandogli un momentaneo squilibrio.
Dante si alza allarmato, lo squilibrio passa lasciando come strascico un senso di ebbrezza. Dante, però, non ha ancora bevuto alcol, sono le due del pomeriggio.
Può l’inquietudine generare allucinazioni del genere?
Dante si alza di scatto dalla sedia; le rotelle scivolano sul pavimento con un rumore sordo e la sedia sbatte contro il letto. Con una mano afferra la maglietta ai piedi del letto mentre con l’altra gira la maniglia della porta e, finalmente, la luce del giorno si palesa agli occhi del ragazzo inondandolo come acqua che lavi via le impurità.
La finestra del salottino, che dà sul piccolo terrazzo, mostra un panorama urbano fatto di palazzoni dall’anonimo colore grigio che contrasta con il verde acceso delle aiuole ai bordi dei marciapiedi. Poi ancora il grigio, spruzzato di bianco, delle strade che formano un dedalo attorno ai palazzoni del quartiere popolare.
Dante si volta verso la porta d’ingresso, sita alla sua sinistra. Prende le chiavi da un gancio a fianco dello stipite: l’etichetta agganciata al portachiavi riporta “6B”, il numero dell’appartamento. Dopo essere uscito di casa, lanciandosi un’occhiata alle spalle, chiude a chiave. La porta, di un legno verniciato di marrone chiaro, non è blindata ma, del resto, Dante non possiede oggetti di grande valore.
Il corridoio del piano è deserto perché, a quell’ora, le persone sono al lavoro e gli anziani che abitano lì sono a letto per almeno un’altra oretta. Solo alcune piante finte, impolverate, decorano il corridoio.
La suola di gomma delle scarpe stride a contatto con le piastrelle in ceramica del pavimento. L’eco accompagna i passi di Dante che prende le scale e ne scende i gradini a due a due. Un ultimo paio di gradini e la mano va al pulsante di apertura del portoncino la cui serratura scatta in modo secco, meccanico.


1. L’omicida seriale e la pistola sul comodino
L’aria calda avvolge Dante non appena varca l’ingresso del condominio. Alle sue spalle, nello stesso istante, il portoncino si richiude sospinto dal meccanismo a molla.
Il sole scalda l’aria primaverile, fine primavera ormai inizio estate, e illumina il cielo sgombro da nuvole: un cielo dipinto con un azzurro così intenso e terso, libero e infinito, da sembrare più vero di ogni altro cielo che Dante abbia mai visto prima.
Il senso di inquietudine che credeva ormai superato si sta riaffacciando, ma Dante riesce a pensare ad altro così da ricacciarlo indietro. Una passeggiata gli avrebbe fatto bene e, dopotutto, per il momento non aveva altro da fare se non dirigersi verso il centro cittadino che dista poche fermate di autobus da casa sua.
Gli occhi di Dante osservano una miriade di particolari che, sotto quella luce accesa, spiccano quasi per la prima volta, saltandogli addosso: insegne colorate, scritte di ogni forma e dimensione, muri imbiancati a nuovo e altri dal colore crepato e smunto. Alcune vetrine dei negozi brillano di riflessi scintillanti, altre rimandano un’immagine opaca.
Un’ edicola attira l’attenzione di Dante: un piccolo chiosco verde smeraldo all’angolo dell’incrocio, dalle saracinesche abbassate ma dagli annunci ancora esposti. Uno di questi riporta la notizia che rimbalzava da qualche giorno nei notiziari: “L’assassino colpisce ancora”. Più in piccolo la notizia prosegue: “Ritrovata al fianco del cadavere la lista aggiornata con il nome sbarrato della vittima. La polizia indaga cercando di anticipare le mosse dell’omicida”.
Un brivido scorre lungo la schiena di Dante che, guardingo, volta lo sguardo a destra e a sinistra aguzzando la vista e le orecchie.
Un bar è aperto. Fuori capeggia l’insegna “Bar da Cin” e poco sotto l’avviso “Aperti anche a pranzo”. 
Un cinese sulla quarantina, capelli neri corti e ampio sorriso, lo saluta calorosamente. Dante ricambia il saluto e va verso il bancone, sedendosi su uno sgabello. Ordina da bere: <<Un succo ACE, grazie Cin>>, gli dice mentre il quotidiano, adagiato poco più in là, attira la sua attenzione. I titoli riportano ancora la notizia del killer che, in un paio di settimane, ha posto la parola “fine” alla vita di quattro persone: tre ragazzi e una ragazza.
Dante deglutisce, la gola secca, e un uomo seduto vicino a lui, notando la direzione dello sguardo, inizia a parlare del fatto del momento.
La montatura in metallo dell’anziano signore manda un bagliore accecante, riflettendo i raggi del sole che entrano dall’ampia vetrina. Capelli arruffati di un colore tra il biondo e il castano, sopra quegli occhietti neri che tornano a funestare i pensieri di Dante che si ferma, mani appoggiate al bancone, agghiacciato per un istante.
<<Dovrebbero prenderlo e metterlo sulla sedia elettrica>>, commenta l’altro, al bancone. Un uomo sulla settantina e dagli spessi occhiali a lenti progressive. <<Invece vedrai che, se tutto va come va in Italia di solito, lo prendono e dopo un paio d’anni lo mollano di nuovo>> continua l’avventore rivolgendosi a Dante, scuotendo la testa e alzando la mano a sottolineare il suo disappunto. << Ma prima o dopo trova quello con la pistola che gli spara in testa. Se lo meriterebbe tutto!>>, conclude.
La pistola!
Dante se l’è dimenticata a casa, sopra il comodino.
<<Sì, sì, ha proprio ragione>> gli risponde Dante, con ancora impressa nella mente la figura restituitagli dal riflesso sullo schermo del PC.
Nel frattempo, il succo compare sul bancone, davanti al volto pacioso di Cin.
Dante lo beve in due sorsate, lascia un paio di euro al barista e, dopo averlo salutato distrattamente, si avvia a ritroso per le vie della città; il passo ora più veloce, dettagli che sfumano oltre il limitare del campo visivo.


2. La prossima vittima
Un’auto, bianca e blu con sirene spente sulla cappotta, è parcheggiata davanti al condominio. Sulla fiancata, la scritta “Polizia”.
Tutto, quel giorno, sembra ricondurre alla notizia: maledetta notizia che giornali e telegiornali non fanno altro che ripetere.
Un poliziotto, un uomo bianco, di statura media e di corporatura robusta, sta in piedi di fianco all’auto spenta. Giocherella con le chiavi passandosele da una mano all'altra.
Sul cappello, che lascia intravvedere solo le basette di un colore tra il castano e il biondo, svetta il simbolo del corpo di polizia. Dietro agli occhiali, occhi neri fissano Dante. Le mostrine sulle spalle e sul petto sono il segno che chi sta lì, dinnanzi a lui, è un alto graduato. 
L’ufficiale, quando vede Dante, fa qualche passo verso di lui e gli rivolge il saluto, un cenno del capo, e la parola.
<<Il signor Dante Accorsi?>> chiede il poliziotto mettendo in tasca le chiavi dell’auto.
<<Si, sono io>> risponde guardandosi attorno intimorito. <<È successo qualcosa?>>
<<Credo abbia sentito parlare dell’omicida che da settimane funesta la città>> inizia l’agente, mentre il cuore di Dante a quelle parole accelera.
<<Sì, come tutti>> balbetta.
<<Stiamo svolgendo delle indagini, cercando di anticipare le mosse dell’omicida…>> 
Una pausa carica di significato. Per Dante, un lungo respiro tremolante. <<Crediamo che lei possa essere la prossima vittima designata>>.
<<Può… Può ripetere? Non credo di aver capito>> farfuglia Dante, tendendo il capo verso il poliziotto.
<<L’appuntato è andato a cercarla nel suo appartamento>> lo informa l’ufficiale avvicinandosi con fare rassicurante. <<Appartamento 6B, giusto?>> gli chiede mettendo mano alla ricetrasmittente.
<<Sì>> risponde Dante, incredulo, mentre la voce del poliziotto riverbera nella ricetrasmittente.
<<Il ragazzo è qui con me, collega. Torna pure giù>>.


3. Le cose capitano: una cruda realtà
Lo stanzone vuoto: un tavolo, due sedie e poco altro. Sul lato destro dell’ufficio un distributore di merendine e bibite; poco più in là una boccia d’acqua su cui sono montati un paio di rubinetti etichettati con “Liscia” e “Frizzante”. A completamento dell’arredo, un paio di schedari e uno scaffale pieno di faldoni.
Il soffitto bianco, alto più di tre metri; per terra piastrelle bianche e marroni, consunte e smunte.
Nell'ufficio della questura, Dante è seduto davanti all'ufficiale con cui ha parlato poco prima. Il poliziotto gli sta spiegando in cosa consiste il programma di protezione e come intendono sorvegliarlo e al contempo bloccare il delinquente prima che si perpetri un altro efferato omicidio.
Le parole suonano aliene, alcuni termini tecnici mai sentiti e altri sentiti solo in alcune serie tv; altre parole sono fin troppo chiare…
<<Stanotte due dei miei staranno di guardia fuori dal suo condominio. Da un’auto parcheggiata nelle immediate vicinanze, sarò in contatto radio con i colleghi. Saremo in borghese, ovviamente… Tutto chiaro fin qui?>> 
Quegli occhi neri, penetranti, dietro un paio di piccoli occhiali da vista, sono fissi su Dante e si accertano che abbia compreso.
<<Sì, chiaro… Solo…>> risponde Dante, mani leggermente tremanti, <<Solo non mi sembra vero. Non avrei mai pensato che potesse capitare qui, in questa città, e a me>>.
<<Le cose capitano. Facendo questo lavoro ne ho avuta la riprova troppe volte. Una cruda realtà, ma esserne coscienti è già molto importante per affrontarla al meglio>>.
Dante serra i denti, tira un lunghissimo respiro e accenna di sì con la testa.
<<Bene>> aggiunge l’ufficiale, <<l’omicida, finora, ha sempre colpito di notte e non abbiamo elementi per pensare che questa volta sarà diverso. Alle sette e mezzo di mattina verrò a prenderla per portarla all’università o dove desidera, ma sarà sempre guardato a distanza da me o dai miei colleghi in borghese. Intesi, signor Accorsi?>>
<<Non mi sembra vero… Mi sembra di star vivendo un film o un videogioco…>>


4. Mors tua victoria mea
Il sole è sorto da almeno un paio d’ore: riflessi arancioni che colorano i muri delle case mentre l’aria inizia a scaldarsi.
Un’auto frena dinanzi ad un condominio grigio, lasciando sull’asfalto due piccole strisce nere. Dal cofano il calore del motore si spande creando un miraggio in piena città.
Lo sportello si apre con un rumore secco, e con un rumore secco si richiude. Ne esce una persona: un maschio di razza bianca caucasica, altezza media e corporatura robusta, capelli arruffati di un colore tra il biondo e il castano sopra piccoli occhi neri, in parte nascosti da uno spesso paio di occhiali da sole dalla montatura nera. 
La mano sinistra va al petto, afferra qualcosa dalla tasca interna della giacca di pelle. 
L’uomo preme il tasto di chiusura sul comando delle chiavi e l’auto manda bagliori arancioni dalle frecce. 
Gli anfibi neri solcano l’asfalto con cadenza regolare e decisa. L’uomo è diretto verso il portone del condominio. Si apposta poco distante, intento ad aspettare la prima persona che apra per andare al lavoro.
Eccone una: una donna di mezza età, magra e piatta con la pelle che mostra i segni de tempo, vestita più come una teenager che come si converrebbe ad una signora.
<<Un’altra che non vuole rassegnarsi>>, dice tra sé e sé l’uomo mentre un sorriso falso si disegna sulle sue labbra sottili. <<Buongiorno, signora>> saluta affabile mentre gli occhi corrono dalla testa ai piedi della donna e lo sguardo si fa penetrante. <<Sto salendo da Dante Accorsi, al 6B>> le dice appoggiando una mano sulla maniglia del portoncino d’ingresso.
<<Prego, prego>> risponde la signora. <<È un suo amico, immagino>>.
<<Il suo miglio amico>> risponde l’uomo con un sorriso raggiante. <<Molto gentile>> aggiunge facendo un gesto galante per farla passare.
<<Oh, grazie>>. La signora sorride di rimando, uscendo dal condominio sui suoi tacchi rumorosi. <<Buona giornata>> aggiunge infine.
<<A lei bella signora>> saluta l’uomo con modi estremamente gentili ed adulatori.
La mano sotto la giacca afferra il calcio di una pistola, accarezza il grilletto.
Dietro di lui il portoncino si richiude, sospinto dal meccanismo a molla. L’eco si spande nel corridoio vuoto, adorno solo di un paio di piante finte. Il tonfo si arrampica sulla tromba delle scale che l’uomo sale con passo leggero e silenzioso.
Tra le labbra sorridenti il respiro si fa un po’ più pesante perché l’obiettivo è vicino, la vittoria è vicina e anche la fine di quella questione in sospeso.
<<L’ultimo della lista>> continua a ripetersi l’uomo, un mantra per tenere a bada i nervi e per concentrare la sua mente sul da farsi.
<<6B>> legge sullo stipite della porta: uno stipite di legno verniciato di marrone chiaro come la porta, non eccessivamente spesso, non troppo robusto.
La serratura non è blindata. L’uomo, con la mano libera, estrae dalla tasca dei blue jeans una tessera magnetica che, lesto, infila tra lo stipite e la porta all’altezza della serratura che, dopo un minuto, scatta.
Ora l’uomo può entrare in casa. Un ronzio basso e monotono lo accoglie, rumore solitario nel silenzio generale. Circospetto, lancia un’occhiata a destra, una a sinistra. Dentro, il caldo ristagna come una cappa umida: è acceso solo un piccolo ventilatore per combattere l’afa estiva.
Con passo lento e regolare avanza nell’appartamento: un piccolo mini, dove cucina e salottino si susseguono l’una dopo l’altro nello stesso ambiente. A destra una porta, semichiusa. L’uomo avanza, il volto vicino alla fessura della porta socchiusa. Vede chi cercava, Dante in slip e maglietta bianca che dorme a pancia sotto, scoperto, nel suo letto.
Gli si offre un bersaglio immobile, facile, una schiena larga alla quale sparare nel centro per farla finita, per raggiungere lo scopo e far parlare di sé… Per cancellare dalla lista anche l’ultimo nome.
L’uomo trattiene il respiro mentre alcune gocce di sudore gli scorrono lungo la schiena assieme ai brividi. Un sorriso va allargandosi ancora di più sul volto, mentre la mano estrae dalla tasca della giacca la pistola che, come al rallentatore, punta tra le scapole di Dante. Il braccio dell’uomo si tende, con fermezza e decisione. L’indice accarezza il grilletto, preme su di esso con forza crescente fino a che anche questo scatta!
Dante non ha il tempo di svegliarsi davvero, sente solo un rivolo liquido che dalle scapole gli percorre, come un piccolo torrente, la schiena. La maglietta si bagna di quel liquido caldo, appiccicandosi alla pelle come in un brutto sogno. Ma la coscienza torna, rapida, per qualche istante, prima di poter immaginare cosa sia successo.
Dante manda un grido mentre un brivido freddo lo sconquassa. Ha uno spasmo, si volta sulla schiena mentre una mano si porta laddove l’uomo ha sparato. Le punte delle dita si bagnano.
Dante riesce solo a pensare ad una cosa: “È finita”.
Il respiro è pesante, affannato.
<<È finita, Dante Accorsi>> gli dice l’uomo con un sorriso soddisfatto sul volto. Un sorriso che sa di vittoria per lui e di beffa per Dante. <<Eri l’ultimo della mia lista, l’ultimo che avrei dovuto uccidere. Ora sei morto, io ho vinto e tu non puoi farci niente>>.
Con la vista appannata, gola e bocca secche, Dante guarda la pistola appoggiata sul comodino. L’aveva comprata proprio per evitare di essere ucciso, l’aveva comprata apposta per quel momento. Ma la sua mano non va a prenderla… Un ultimo sguardo a quella pistola, prima di richiudere gli occhi.


Epilogo.  S.I.: Soggetto Ignoto
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Dante: Olà, Leo, come va oggi? Io ho finito Mirror’s Reflection  e, vuoi perché mi ha punto sul vivo o perché stamattina me la sono fatta sotto dalla paura, credo che non lo giocherò un’altra volta. 
Leo: Ciao bello! Ma dai, non dirmi che adesso hai paura di connetterti a Facebook per via dell’omicida del videogioco. XD
Dante: Ti ricordi che mi ero iscritto a Spy Story? Quel gioco di ruolo dal vivo dove ti danno delle schede di persone della tua stessa città, con nome e cognome, indirizzo e foto e l’obiettivo è uccidere tutti gli altri e rimanere l’ultimo, stile Highlander?
Leo: Sicuro che me l’hai detto? Perché non me lo ricordo un granché bene.
Dante: Ma sì! Dai, mi hai visto venire al bar con la pistola ad acqua colorata di rosso e mi hai chiesto che cosa ne facessi… Ti ho detto che mi serviva per uccidere gli altri concorrenti del gioco semmai li avessi visti nei paraggi.
Leo: Ah sì, ok. Adesso me lo ricordo: al tuo “devo uccidere prima di essere ucciso” mi stavo ammazzando dalle risate… Eh beh, che c’entra? Perché cambi sempre discorso quando ti sto prendendo per il culo?
Dante: C’entra, c’entra! Ho passato tutta la scorsa notte, fino alle cinque, a giocare Mirror’s Reflection  e alla fine l’ S.I., l’omicida seriale, è l’ufficiale di polizia che avrebbe dovuto svegliare il PG che, invece, è morto solo come un cane, in una pozza di sangue riverso nel suo letto, con una pallottola piantata tra le scapole… Quando si dice “avere il sonno pesante”!
Ebbene, stamattina, saranno state le sette e mezzo, quel pazzo maniaco di Eugenio, che si era iscritto anche lui a Spy Story, mi ha puntato la pistola ad acqua sulla schiena e mi ha fatto fuori vincendo così il gioco, rimanendo l’ultimo in vita della lista. Ti giuro che quando ho sentito il bagnato tra le scapole mi sono voltato, ho visto Eugenio con una faccia sorridente da pazzo sadico, ho collegato il gioco di ruolo dal vivo con il videogioco e me la sono fatta in mano! XD
Leo: Grande Eugenio! Stasera quando lo vediamo al bar gli offro da bere. XD
Ma… Te l’ho mai detto che sei un nerdone? -_-
Dante: Come no, me l’hai detto almeno due volte in due giorni…
Leo: E anche sfigato, sei morto due volte in due giorni!


E sotto, immancabili, i consigli musicali per gustarsi al massimo la lettura!


Mike Oldfield - Tubular Bells


Goblin - Profondo Rosso

Zaffo

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