domenica 3 settembre 2017

Il potere del nemico si è radicato ad Ororia e nessuno, nemmeno il più potente tra i Paladini di Orus, è più al sicuro - Bran il paladino: attacco al Tempio - Cap.11: Esorcismo


A tutt* buona domenica 👿 (vedi titolo del post).
Torno a postare un capitolo tratto dal mio primo romanzo epic fantasy "Bran il Paladino: attacco al Tempio" dopo esser tornato dalle tanto agogniate vacanze: quest'anno Portogallo, che consiglio caldamente a tutt* amanti sia della vita da spiaggia (Foto spiaggia Cascais) che delle visite anche a sfondo medievale e templare (Quinta da Regaleira).
Spiaggia di Cascais
Quinta da Regaleira - Pozzo iniziatico con croce templare sul fondo


















Ebbene, non poteva esserci capitolo più adeguato in quanto, con una ventata horror, vedremo il Maestro Thoris affrontare una malvagia entità, un demone o demonio che dir si voglia, che è riuscita ad impossessarsi dell'anima e del corpo del Gran Maestro Damien il quale, ora, si trova rinchiuso presso il "Recinto dei dannati", luogo misterioso con alle spalle un passato oscuro.

Tempo di lettura: 10 min

11 - ESORCISMO

Il sole spuntò pallido e velato su Ororia.
La pioggia, che battente ed incessante era scesa per tutta la notte, ora andava evaporando in una leggera nebbiolina che donava alla città un aspetto ed una quiete irreali.
Thoris, il cui sonno non fu tranquillo né sereno, si svegliò sudato e con il fiato corto, in preda ad un senso d’angoscia senza nome.
Il Sanatorio, in cui ora il Maestro della Gilda dei Paladini di Ororia si trovava, consisteva in un’ampia sala dove il bianco prevaleva su qualsiasi altro colore, ad eccezione del verde delle molte piante sistemate qua e là. I numerosi letti dalle testiere in ferro battuto erano disposti ordinatamente su cinque file, occupando la maggior parte dello stanzone sul cui lato destro, dietro una pesante tenda bianca ora scostata, si apriva un piccolo ambulatorio attrezzato di alambicchi alchemici e strumenti medici.
Solo quando, con gran fatica, il paladino dai lunghi capelli castani riuscì a scostare le coltri sotto le quali era stato coricato, iniziò a ricordare e a capire… Il simbolo di Orus, il medaglione a forma di sole raggiante, pulsava sul suo petto di una lieve luminosità intermittente.
         <<La colazione è tra un’ora.>>
A quelle parole, Thoris, colto di sorpresa, si tirò le coperte fino al collo sperando che chi aveva parlato non si fosse accorto di niente.
         <<Approfittane per riposare ancora un pò>> gli ingiunse una chierica, avvicinandosi per tastargli la fronte con il palmo della mano. <<Sembra che la febbre sia calata, è un buon segno>> disse sorridendogli.
Ancora intontito, il paladino si limitò ad annuire leggermente con la testa per poi girarsi sul fianco onde tentare di riprendere sonno senza però riuscirci, tanta era la sua irrequietezza.
Dopo una sostanziosa colazione a base di focacce, marmellata e miele, frutta secca e mela, il tutto accompagnato da una fumante scodella di latte macchiato con caffè d’orzo, a Thoris, così come agli altri degenti, fu concesso di lavarsi e cambiarsi d’abito in tutta tranquillità.
La giornata, nella Sala del Sanatorio, trascorse in una lenta e noiosa monotonia spezzata solo da qualche breve rasserenata del tempo che consentì a Thoris, e a pochi altri in grado di reggersi in piedi, di passeggiare per qualche tempo nel giardino pensile antistante dal quale si godeva di una bella vista sulla città, disturbata solo dall’inquietante presenza della dorata barriera magica al cui interno, anche da molta distanza, era possibile scorgere ombre in continuo movimento.

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Solo verso metà pomeriggio del giorno seguente, il biondo Bran ebbe accesso al Sanatorio.
         <<Maestro! Che piacere vederla sano e salvo!>>
         <<Se tu sei riuscito a sopravvivere alla battaglia, come hai potuto pensare anche solo per un istante che il tuo Maestro non ce l’avrebbe fatta?>> gli rispose l’altro cercando di mostrare un buon umore che, invece, gli mancava.
         <<Ma a quanto vedo ne sono uscito meglio io… Che l’allievo abbia superato il Maestro?>> fu l’affettuosa frecciatina di Bran. <<A parte gli scherzi, come si sente?>> continuò, piantando gli occhi azzurri in quelli nocciola del compagno di battaglia.
         <<Se devo essere sincero… Uno straccio.>>
         <<Con tutti quegli scheletri è già un miracolo di Orus che ne siate usciti vivo>> costatò Bran passandosi la mano tra il lunghi capelli biondi che gli erano scesi davanti agli occhi.
         <<Quel che importa>> fece Thoris tornando a sdraiarsi <<è che il sigillo sia stato apposto con successo, anche se la sua efficacia nel tempo è tutta da vedere>> concluse portandosi istintivamente la mano al petto.
         <<Petrus è il più potente Chierico che io conosca>> rispose Bran cercando di infondergli ottimismo <<e non nutro dubbi sulla potenza dei suoi incantesimi.>>
         <<In ogni caso, mio caro Bran, dobbiamo muoverci in fretta se non vogliamo essere sopraffatti dal nemico…>> disse pensieroso.
         <<Appunto Maestro… Chi è il nostro nemico? Perché ha deciso di attaccarci e, soprattutto, com’è possibile che sia riuscito a penetrare nel Tempio eludendo le potenti benedizioni che vi erano apposte?>> gli chiese facendosi d’un tratto serio in volto.
         <<Non posso darti le risposte che cerchi poiché i miei sono solo sospetti, presunzioni. Dovrò al più presto consigliarmi con Damien poiché solo la sua sapienza potrà dipanare le ombre che ci circondano.>>
Al nome del GranMaestro, lo sguardo di Bran si rabbuiò.
         <<C’è una cosa che deve sapere; una cosa che riguarda proprio il nostro amato GranMaestro…>>
         <<Non può essere morto!>> scattò Thoris rizzandosi a sedere. <<Respirava ancora quando l’abbiamo portato presso questa Torre!>>
         <<Forse>> sussurrò Bran Llyr, mesto <<sarebbe stato meglio se Orus lo avesse chiamato a sé.>>
         <<Parla Bran, non girarci tanto intorno!>> ruggì, con una punta d’ira, l’altro.
         <<Ora, Damien si trova ai ceppi rinchiuso in una cella posta sotto il pozzo della Torre.>>
         <<Perché mai? Una cosa del genere è inaccettabile! Damien trattato come il peggiore dei delinquenti… Che Orus mi trattenga dal passare a fil di spada l’artefice di un tale affronto!>>
         <<Imbraccia pure la tua arma, paladino, e spiccami la testa dal collo poiché la responsabilità è solo mia>> intervenne il Sommo Petrus, della cui presenza nessuno dei due si era accorto, avanzando con passo lento e silenzioso verso Thoris.
Il bianco sguardo di Petrus si incrociò con quello gelido di Thoris mentre Bran si faceva prontamente da parte.
         <<La mia è stata una decisione difficile e sofferta, un fallimento cui sono andato incontro cercando di porvi rimedio con tutte le mie forze, inutilmente… Ed Orus me ne è testimone>> parlò il Mezzelfo con calma e risolutezza. <<La pazzia si è impossessata della sua mente e l’ombra del suo cuore… Se non lo avessi fatto incatenare avrebbe perpetrato una carneficina tra tutti noi, dannandosi l’anima per sempre, ed a quel punto nessuno sarebbe rimasto a contrastare la nera orda che trabocca al di là della barriera.>>
         <<Fatemelo vedere>> chiese Thoris, quasi sottovoce, come inebetito dalla gravità di una simile tragedia.
         <<Siete troppo debole, Maestro, ancora non siete ristabilito dalla dura battaglia>> cercò di farlo ragionare il giovane Bran.
         <<Fatemelo vedere!>> urlò con tutto il fiato che aveva in gola. <<Fatemelo vedere>> ripeté Thoris a voce più bassa mentre l’iniziale sgomento andava trasformandosi in granitica determinazione.
Petrus, le cui vesti dorate frusciarono sollevandosi, si voltò dandogli le spalle.
         <<Seguimi, se è questo che vuoi.>>

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Il Mezzelfo, risplendendo della magica luce da lui evocata, guidò Thoris e Bran attraverso una serie di scale e corridoi da secoli in disuso, sempre più scuri e freddi, che si inabissavano nelle viscere della Torre del Conclave: su quegli antichi muri di pietra il muschio ed altre piante rampicanti, come l’edera, fornivano il rifugio adatto ad un gran numero di ragni ed altri insetti; nessuna torcia era appesa ad illuminare i passi di chi si fosse avventurato in quel labirinto la cui pianta, estremamente complicata, era conosciuta solo dal Sommo Chierico e dal suo allievo prediletto.
Nel giro di una mezz’ora, dopo una serie infinita di svolte e curve, furono a destinazione: un grande portone di legno massiccio rinforzato da strisce di ferro recava l’insegna “Recinto dei dannati”.
         <<Non avrei mai pensato di dover fare ritorno in questo luogo di folle desolazione>> proferì Petrus all’indirizzo dei paladini mentre, chiudendo gli occhi ed ingiungendo le mani sul portone, lo apriva. <<Prima che le vere Divinità reclamassero il dominio sul nostro mondo>> raccontò il Mezzelfo <<questa torre reggeva l’oscuro scranno di Dilok, l’Angelo Decaduto a cagione della sua superbia>> continuò. <<Il più bell’angelo del cielo, stanco della sua posizione di eterno subalterno di Cardir, il Creatore, osò sfidarlo nella più epica battaglia di tutti i tempi. Battuto, fu cacciato dal firmamento e bandito nelle profondità dell’Abisso dove, però, poté accrescere il suo oscuro potere. Accortosi di questo, Cardir il Creatore discese negli Inferi per avvolgere quello che era stato il suo più bell’angelo nelle fiamme della sua ira divina; il corpo di Dilok si disgregò in tanti frammenti quante sono le odierne divinità… Le vere divinità volute dal Creatore per il mezzo della punizione inflitta all’Angelo Decaduto… Le cui prigioni ed i cui laboratori, in antichità, si trovavano proprio in queste sale.>>

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Appena varcarono la soglia delle prigioni, delle urla soffocate ma ugualmente assordanti ferirono le loro orecchie.
Senza esitazione alcuna, Thoris prese a dirigersi verso l’origine di quelle strazianti urla demoniache: dietro le grosse sbarre di un’angusta cella vide, incatenato ed imbavagliato, Damien.
Il corpo del GranMaestro della Gilda dei Paladini di Ororia era storpio ed emaciato, corrotto dalla malvagia entità che ivi dimorava: gli occhi infossati risplendevano di riflessi scarlatti mentre dalla bocca, affollata di fauci aguzze, saettava una nodosa lingua contorta. Il viso di Damien, una volta fiero e dai duri lineamenti, aveva assunto una forma allungata, bestiale; un’ispida peluria lo ricopriva quasi per intero. Dell’uomo che era stato rimaneva ben poco.
Petrus, con movimenti lenti e misurati nonostante lo spettacolo a dir poco raccapricciante di un Damien in continua contorsione, aprì l’arrugginita serratura che, stridendo, scattò.
         <<Lasciateci soli, ve lo chiedo per favore>> li pregò Thoris, fattosi cinereo in volto, stringendo il medaglione a foggia di sole raggiante.
         <<Fai ciò che devi>> gli rispose il Sommo Petrus, laconico.
Quando Petrus e Bran se ne furono andati, il paladino dagli occhi nocciola entrò nella cella chiudendosi le sbarre alle spalle; nel contempo il corpo di Damien sembrò rilassarsi mentre sul suo viso, orribilmente sfigurato in una smorfia maligna, si aprì un sadico sorriso.
Avvicinatosi, con un gesto deciso Thoris strappò lo straccio che la riempiva dalla bocca di quel che era il corpo trasfigurato di Damien, permettendo al demone che lo possedeva di proferire parola.
         <<Finalmente sei arrivato, ti stavo aspettando>> proferì Damien con una voce non propria, una voce che sembrava venire dall’Abisso dell’oltretomba.
         <<Allora non c’è più alcun dubbio>> replicò Thoris sfilandosi l’amuleto di Orus dal collo. <<Le mie supposizioni trovano una terribile conferma.>>
         <<Lui è mio, e tra poco Ororia sarà mia!>> gridò con disprezzo l’entità demoniaca cercando di liberare dalla stretta dei ceppi quegli arti magrissimi e storti.
Thoris, raccolto tutto il suo coraggio, piantò di slancio un ginocchio sul petto di Damien, immobilizzandolo.
         <<Le tue oscure arti non potranno niente contro la potenza del Bianco Signore!>> urlò Thoris, caricando sul ginocchio tutto il peso del suo corpo mentre premeva sulla fronte di Damien il medaglione che, ora, spargeva una luce talmente intensa da illuminare a giorno la cella.
         <<Lascia questo corpo e tornatene nelle tenebrose profondità dell’Abisso!>> recitò il paladino dai profondi occhi marroni lasciando che la potenza del Bianco Signore scorresse nelle sue vene, invadendolo.
Urla inumane si levarono dalla gola di un Damien posseduto, in una tale vastità di tonalità da risultare spaventose.
Il cigolare delle catene che tenevano Damien ai ceppi si fece sempre più forte, seguito un istante dopo da uno schiocco secco, come di rami che si spezzino: contorcendo fino a slogare i polsi e le caviglie del corpo che la ospitava, la maligna presenza si liberò dei ceppi assalendo il Maestro della Gilda dei Paladini con una furia crescente.
Le unghie della mano, divenute affilati artigli, si piantarono nella carne di Thoris che non seppe impedire al suo nemico di afferrarlo per il collo e scaraventarlo con forza contro la parete dall’altro lato della cella. Il colpo lo lasciò senza fiato e lo schianto fu tale da incrinargli almeno un paio di costole… La luce che si irradiava dal medaglione, prima accecante, si fece flebile ed intermittente.
         <<Questo corpo è mio>> ripeté l’oscura presenza, ringhiando e digrignando i denti ora divenuti innaturalmente lunghi ed aguzzi. <<Mio è anche il medaglione che stringi in mano! Ridammi ciò che mi appartiene, restituiscimi la Luna Nera!>> gridò gorgogliando.
         <<Mai, maledetta!>> replicò Thoris cercando di rimettersi in piedi e levando la propria voce chiara e possente al di sopra delle urla demoniache.
La malvagia entità scattò verso il paladino con l’intenzione di azzannarlo alla giugulare; dal canto suo Thoris si difese alzando il braccio ad intercettare il morso che lo avrebbe altrimenti ucciso. Il dolore gli diede una scossa di adrenalina permettendogli di girare su stesso e, sfruttando l’impeto avversario, proiettare il corpo di Damien a terra. Da quella posizione di vantaggio, il paladino cercò di assestare un paio di pugni al volto del proprio avversario il quale, incassato il primo ignorando qual si voglia dolore, scansò il secondo divincolandosi dalla presa come solo un serpente avrebbe potuto fare.
Il pugno di Thoris si abbatté sul pavimento di pietra, la mano scricchiolò dolorosamente spandendo un boato prima che il silenzio tornasse per un istante a riempire la cella.
Voltando lo sguardo, il paladino vide Damien zampettare come un ragno sulla parete e poi fin sopra il soffitto; lo sguardo demoniaco, cremisi e furioso, era fisso su di lui. Non appena gli fu sopra si lasciò cadere afferrandolo da dietro per poi morderlo sul collo; gli artigli si piantarono dolorosamente sulla schiena del paladino così come le fauci sul collo.
Thoris non fu altrettanto veloce a reagire, restò immobile con il pugno ancora appoggiato al pavimento; al sangue che gli era uscito dalle nocche spaccate iniziò a mescolarsi quello che ora gli colava copioso dalla schiena e dal collo.
Damien, molto più simile ad un diavolo dalle fattezze canine che ad un essere umano, cacciò una risata che riecheggiò nella cella per spandersi poi nei corridoio di quel piano.
All’udire il verso demoniaco, Bran fissò lo sguardo su un Petrus fattosi scuro in volto. Senza scambiarsi alcuna parola, i due presero a correre verso la cella.
Le fauci di Damien affondarono ancora una volta nelle carni di un Thoris immobile, come pietrificato, fino a quando i rivoli di sangue non disegnarono sul pavimento un sole dai lunghi raggi ricurvi. Fu solo allora che il Maestro della Gilda dei Paladini riacquistò vigore.
         <<Fuggi dalla luce del Bianco! Abbi timore della sua scintilla e ritraiti dinnanzi alla sua potenza! Fuori da questo Paladino di Orus!>> recitò Thoris, invasato, scandendo ad una ad una le parole con voce grave e potente. Nello stesso istante in cui Petrus e Bran fecero per aprire le sbarre della cella, il sole disegnato dal sangue di Thoris ribollì e scintillò cremisi riflettendosi di un rosso acceso nei suoi occhi fattisi lucenti come rubini.
In risposta all’ invocazione, apparve a terra un cerchio di candida energia divina che esplose in una colonna scintillante per qualche istante, prima di riversarsi sfrigolando nel medaglione che il paladino di Orus teneva nell’altra mano. L’amuleto esplose quindi di una luce accecante che portò con sé uno spostamento d’aria che alzò una nuvola di detriti e polvere e che costrinse Petrus e Bran a ripararsi a terra.  
Nello stesso istante, il corpo di Damien si irrigidì in un arco contorto ed innaturale: la schiena sembrò spezzarsi mentre si piegava all’indietro; la testa girò fin dietro le spalle mentre braccia e gambe si piegavano in angoli innaturalmente acuti.
Le urla demoniache raggiunsero l’apice quando la  malvagia entità perse la presa su Thoris e, come sopraffatta da una volontà superiore, si agitò a terra contorta e scomposta mentre gli artigli tornavano ad essere unghie, le fauci dei denti e il muso dalle sembianze canine tornava ad assumere lineamenti umani.
La luce emanata dal medaglione prese a dissolversi gradatamente e nella cella tornò il buio mentre il GranMaestro della Gilda dei Paladini di Ororia tornava in sé stesso: i suoi occhi si fecero nuovamente verdi e lucidi, per chiudersi poi in un sonno pacifico.
Solo allora Petrus e Bran poterono rialzarsi, scrollarsi di dosso polvere e detriti, e fare il loro ingresso nella cella dove Damien e Thoris, madidi di sudore e ricoperti di sangue, giacevano a terra privi di conoscenza: quest’ultimo, nella mano destra, stringeva ancora il medaglione a foggia di sole splendente tornato a sembrare un comune ciondolo. 

I consigli musicali, ormai un must, mi sovvengono facili facili questa volta; i titoli mi si sono formati in testa ancor prima di finire di scrivere l'inizio del post 😈.
Ready to rock!
Lordi - Devil is a loser (2003)

Death SS - The cannibal queen (2000)

Manowar - The demon's whip (1992)

Iron Maiden - The number of the beast (1982)


Ragazz* con questo, per oggi, è tutto... Stay Fantasy!
Zaffo
    

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