domenica 9 luglio 2017

Fede, strategia militare, tecnica marziale ed arte magica: questa volta basteranno? - Bran il paladino: attacco al Tempio - Cap.10: Sigillo

Buona domenica amiche ed amici!
Soprattutto, buona domenica a voi appassionate/i (malate/i?) di fantasy, in particolare del fantasy eroico, epico, fatto di incantesimi, acciaio, sangue ed onore, sacrificio e grandi gesta.
Con questo post, voglio regalarvi uno dei più esaltanti tra i capitoli del mio primo romanzo "Bran il paladino: attacco al Tempio".
Siamo ormai alle battute finali, agli ultimi capitoli di questo primo libro della saga di Bran Llyr, perciò, se potete, gustatevelo ancor di più e ancor più lentamente.
Le righe che leggerete descrivono uno dei momenti più oscuri e disperati che la storia di Ororia ricordi. Eppure, in un frangente in cui tutto il mondo come era stato fino ad allora cede e si infrange come vetro argentato e cade a pezzi sotto il nuovo ordine oscuro della Nera Gemella, in un simile momento i veri eroi trovano il modo di far risplendere la loro luce e di diffondere una nuova speranza, seppur fioca ed appena accennata, lasciata ai posteri e alle loro azioni delle quali, gli eroi, vogliono essere esempio e fonte di ispirazione.
C'è chi farà appello alla propria saggezza ereditata dalla parte elfica del proprio lignaggio, ma lungamente nutrita in anni di studio e dedizione; c'è chi farà appello alla propria fede, ciecamente, in un momento in cui nessuna fede sembra poter abitare la città di Ororia, fede saldamente impugnata con un coraggio che sa quasi di incoscienza; infine c'è chi farà appello alla forza del proprio braccio, alla resistenza del proprio scudo e alla lama della propria spada credendo che ciò basti a salvarlo e con sé a salvare il mondo in cui ha sempre vissuto.
Nessuna di queste tre virtù, forse, è da sola bastevole a fronteggiare un male che si è ora definitivamente destato nel cuore della città, cuore essa stessa pulsante del Regno; eppure a tutte e tre queste virtù i nostri eroi dovranno far appello.
Petrus, Sommo Chierico della Torre del Conclave, e Thoris, Maestro della Gilda dei Paladini, combattono su due fronti diversi della stessa battaglia: l'ultimo tenendo a bada i servi della nera gemella a fil di spada in modo da dare la possibilità al primo di lanciare l'unico incantesimo in grado di sigillare il Tempio di Ororia.
Bran Llyr e Nemrac Otivid, invece, dovranno accettare il testimone passato loro dai rispettivi Maestri e assicurarsi che il male non possa perdurare nel futuro.
In questo capitolo potrete leggere di come gli eroi possano trovare la loro forza oltre il proprio limite e di come la fede oltre la disperazione sia una forte emozione cui fare appello per sopravvivere laddove le tattiche militari, le tecniche marziali o le arti arcane non siano sufficienti a portare alla vittoria, per quanto intelligenti o efficaci o potenti possano essere.
E non è, in fin dei conti, ciò che tutti ci troviamo a dover vivere ogni giorno, sia la nostra fede riposta in una religione, nella scienza o nelle nostre capacità?
Ecco, questo è il fantasy secondo Zaffo.

Tempo di lettura 15 minuti
 10 - SIGILLO

Fruscianti sussurri e striscianti mezze verità raggiunsero le orecchie di Bran e degli altri Paladini sopravissuti alla presa del Tempio da parte di oscure forze demoniache, poiché, nella già provata città di Ororia, le voci di quell’evento funesto si sparsero immediatamente a macchia d’olio facendo calare a picco l’umore dei cittadini nei quali, l’idea che l’epidemia e l’attacco fossero strettamente connessi da un qualche losco legame, stava iniziando a prendere consistenza. Dinnanzi allo sparuto gruppo di reduci, già i primi profeti di sventura giravano tra le vie della città gridando le loro rovinose previsioni. 
Oltre alla cifra fisiologica di poveri presenti in ogni agglomerato cittadino, l’epidemia e l’indigenza stava colpendo anche molte famiglie fino allora benestanti; si poteva ben dire che una tempesta si stava abbattendo sul baluardo di Orus nel Sacro Impero.
Se una tale situazione fosse perdurata, i magazzini della città si sarebbero svuotati in fretta e senza qualcuno che producesse e che scambiasse beni e servizi, tutti in città sarebbero stati ridotti alla fame; allora, con certezza, la delinquenza sarebbe aumentata e Chierici e Paladini sarebbero dovuti ricorrere alla forza per arginare il degrado… E si sarebbe anche potuti arrivare all’occupazione della città da parte dell’esercito di Re Julius di Kaesar onde riportare ordine… Un ordine che sarebbe scorso su un fiume di sangue.
Le famiglie più ricche sarebbero riuscite a prosperare più e meglio di quelle povere, vittime prime di qualsiasi disagio o calamità, ed allora si sarebbe innestato un circolo vizioso di lotta di classe tra poveri diavoli alla disperata ricerca di mezzi di sostentamento e ricchi spocchiosi gelosi dei propri averi, barricati in casa, timorosi di venir derubati… Almenochè, quel senso di solidarietà che anima ogni buon fedele di Orus non avesse preso piede in città facendo sì che cibarie, acqua, vestiti e generi di prima necessità fossero equamente distribuiti tra tutti: la potenza del Bianco Signore, la solidità della sua Chiesa e la fede dei credenti sarebbe stata in ogni caso messa a dura prova.
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Thoris, Bran Llyr e gli altri paladini arrivati alle porte della Torre del Conclave furono accolti da Petrus, Sommo Chierico di Ororia: un mezzelfo nel pieno delle forze e dalla grande saggezza ereditata dal ramo elfico della sua famiglia.
I suoi bianchi occhi si volsero immediatamente ad ovest verso il sole morente e verso il Tempio di Orus, dal quale provenivano i paladini, come a scrutare cosa là stesse accadendo.
<<Non è questa l’ora delle domande né delle spiegazioni>> esordì Petrus esibendo, anche in quell’ora buia, un’espressione calma e rassicurante. <<Bensì quella di agire per tentare di arginare la nera marea che ci minaccia da vicino. Io ed i miei chierici stiamo per lasciare questa Torre alla volta del Tempio laddove cercheremo di sigillare la crescente oscurità che ivi dimora… Voi Paladini avete già compiuto onorevolmente il vostro dovere; la vostra fede in Orus ed il vostro valore non saranno messi in discussione. Per questo non vi chiedo di unirvi a noi, bensì vi chiedo di affidarvi alle nostre cure.>>
<<Personalmente, mi vedo costretto a rifiutare il vostro gentile invito, Sommo Petrus>> parlò Thoris, con rispetto ma in modo deciso. <<Che l’origine del male covasse proprio nel nostro seno è una cosa che non smette di tormentare la mia anima e l’unico lenitivo a questo tormento è il prodigarmi per porvi rimedio.>>
<<La stessa cosa vale per me>> gli fece eco Bran Llyr, ponendo la mano sulla spalla del Maestro.
<<Le vostre energie fisiche e magiche sono state messe a dura prova, senza contare che molti di voi sono periti nell’eroico tentativo di tenere il Tempio…>>
<<La nostra fede è grande e ci sosterrà!>> obiettò Bran.
<<Non ne dubito… Ma quanta forza ancora vi rimane per resistere alle tenebre che nel Tempio ora dimorano? I vostri cuori saranno abbastanza forti da sottrarsi alla mano avvelenata del nemico senza mostrare cedimento alcuno?>>
<<Il nostro cuore è colmo della scintilla di Orus, una scintilla che nessuna oscurità può offuscare>> gli rispose Thoris stringendo nel pugno il medaglione a forma di sole raggiante che, come ogni Paladino di Orus, portava al collo.
<<Il libero arbitrio è un dono degli Dei che non può essere negato ad alcuno, e se questa è la vostra volontà non sta certo a me impedire che il destino di ognuno di voi si compia>> sentenziò il mezzelfo dagli occhi lattiginosi. <<Chi ne è in grado si unisca pure a noi, a proprio rischio e pericolo beninteso, e che gli altri siano sistemati nelle Sale del Sanatorio… Damien per primo, presto!>> concluse indicando il Gran Maestro dei Paladini privo di conoscenza ad un giovane chierico al suo fianco.
Le vesti dorate frusciarono ampie e pesanti attorno al corpo snello quando Petrus, con passo sicuro e deciso, si pose alla guida dello schieramento di Chierici e Paladini che, nel giro di un quarto d’ora, si posizionò dinnanzi alle porte del Tempio. Ivi tutto era cambiato: la notte sembrava improvvisamente scesa sul grande monumento di bianca pietra che, ora, andava colorandosi di grigio.
Le tenebre portarono con sé nubi temporalesche ed un freddo pungente che penetrò nelle ossa dei presenti.
Il saggio Mezzelfo, impassibile dinnanzi a quello spettacolo spettrale, chiamò a sé i propri chierici, nonché Thoris e Bran che si trovavano al suo fianco, affinché tutti si stringessero le mani così da formare una catena di magico potere divino.
A quel punto, fredda e scrosciante, la pioggia iniziò a scendere copiosa dalle nubi, come se le cateratte del cielo si fossero aperte sopra Ororia.
L’invocazione ad Orus del Sommo Chierico si levò alta nel cielo, e la sua voce andò assumendo un tono sempre più acuto, quasi soprannaturale. La potenza dei suoi incantesimi, già alta grazie alla sua grande saggezza, fu amplificata per il mezzo di tutti gli altri chierici e paladini presenti, e ben presto scintille dorate iniziarono a formarsi lungo il perimetro del Tempio, acquistando sempre maggiore splendore e consistenza. In risposta, dal Tempio si levò un orrendo grido come di una possente forza malefica finalmente risvegliatasi da un lungo letargo cui fosse stata costretta per secoli. Un istante dopo, scheletri e goblin e zombie si affacciarono all’esterno del Tempio intonando, all’unisono con la loro Padrona, grida di abominevole sofferenza, mentre dal terreno, ora diventato paludoso, sorgevano putridi parassiti dalle svariate forme contorte.
<<Non lasciatevi sopraffare dalla paura! O la paura si trasformerà in terrore ed il terrore vi condurrà alla pazzia!>> esortò Petrus rivolgendosi ai suoi uomini. <<Il nemico brama il vostro sgomento ed approfitterà di ogni vostra insicurezza per ritorcervela contro. Liberate il vostro cuore da ogni dubbio, colmatelo della fede in Orus e lasciate che la sua scintilla bruci nel vostro petto come una fiamma ardente!>> disse poi con voce altissima e potente. <<Che la gloria di Orus scorra in voi come un fiume in piena e che la vostra mente sia pervasa dalle parole in sua preghiera!>> concluse, alzando le mani al cielo.
I mostri, che fino a quel momento si erano annidati all’ombra del Tempio, cominciarono ad uscire dai loro nascondigli per avanzare verso i loro nemici.
Nello stesso tempo, le scintille dorate andavano prendendo consistenza di filamenti vorticanti che, pian piano, si intrecciavano attorno al perimetro del Tempio.
Scheletri e goblin, ombre e demonietti volanti si lanciarono all’attacco puntando direttamente contro il Sommo Petrus, uscendo dal perimetro segnato dall’incantesimo il quale, sortendo il suo effetto alcuni istanti più tardi, non riuscì a bloccarne completamente l’avanzata.
Esplodendo con un bagliore che per un istante squarciò le tenebre che tutto avvolgevano, il potere divino disegnò attorno al Tempio una rilucente barriera magica che avrebbe trattenuto al suo interno la malvagità che ivi dimorava; i mostri che provarono a varcarla furono avvolti dalle fiamme purificatrici di Orus.
Petrus, provato dallo sfoggio di una simile potenza, cadde in ginocchio mentre la catena umana si scioglieva per prepararsi a sostenere l’attacco dei mostri che erano riusciti a sottrarsi all’incantesimo.
Bran, che era al fianco del Sommo Chierico di Ororia, si affrettò a caricarselo in spalle per portarlo in un luogo sicuro tra le case che cingevano la piazza, lasciandolo in custodia ad un paio di altri chierici.
Nel frattempo, senza perdere un solo istante, Thoris chiamò a raduno i pochi paladini lì presenti perché andassero a costituire l’avanguardia della difesa. Dietro ai paladini, i chierici si prepararono con le mazze ferrate in mano.
L’orda mostruosa si abbatté sulle linee nemiche con furia urlante, menando colpi precisi e mortali ai quali i paladini seppero tenere malapena testa.
Dimostrando un’insospettabile intelligenza, gli scheletri concentrarono il loro assalto su questi ultimi, consci che i loro spadoni difficilmente li avrebbero fermati; mentre i goblin si riversarono, assieme ai demonietti alati, sui chierici. Le ombre tennero la retroguardia pronte ad intervenire laddove ce ne fosse stato bisogno.
La battaglia fu cruenta e con molte perdite, soprattutto tra i chierici poco abituati al confronto a corpo a corpo.
Thoris incitò i suoi al coraggio e non appena gli scheletri furono a debita distanza i paladini sfoderarono i loro spadoni facendoli roteare contro gli odiati non morti. L’assalto fu massiccio e la linea difensiva minacciò di spezzarsi sotto il suo impeto; solo la furia cieca del paladino dai capelli color nocciola fece sì che gli altri avessero il tempo di riprendersi: Thoris, facendo appello alle sue ultime energie divine, impose la mano destra sul proprio petto il quale, in concomitanza con la mano, brillò della potenza di Orus. Come effetto dell’invocazione, la sua resistenza fisica aumentò considerevolmente permettendogli per alcuni minuti di incassare i colpi senza riportare seri danni. Grazie a questo, il suo spadone a due mani poté abbattere il proprio filo su un gran numero di esseri immondi e tranciare quante più ossa possibili, rallentandone l’avanzata.
Poco più in là, lasciato Petrus in buone mani, il biondo Bran poté gettarsi nella mischia: impugnando fieramente la sua arma corse in aiuto dei chierici soverchiati dai goblin i quali, armati di corte lance ed abituati alla guerra, stavano mettendoli in seria difficoltà. La sua lama rilucente squarciò i crani dei piccoli esseri dal muso verde, senza pietà, facendone schizzare in giro la nera materia celebrale. Massacrandoli ad uno ad uno finché non fu ristabilita la parità numerica tra le due parti, Bran diede il meglio di sé parando mortali colpi in affondo diretti al suo ventre e facendo disegnare al suo spadone bassi archi che, alzandosi un istante dopo, spiccavano la testa del nemico, inesorabilmente.
Ciononstante, gli uomini di Ororia, logori e svuotati di qualsiasi forza magica residua, non riuscirono a tener testa ai loro nemici che, al contrario, non sentivano dolore né fatica.
<<Bran!Bran!>> chiamò Thoris a squarciagola dirigendosi per un attimo verso il centro dello schieramento, laddove aveva luogo lo scontro tra chierici e goblin.
<<Organizza una ritirata veloce ed ordinata! Non possiamo resistere ancora a lungo!>>
<<Sono d’accordo, Maestro. Purtroppo siamo stati attaccati quando eravamo più vulnerabili… Ma non possiamo lasciarli liberi di scorazzare per Ororia a seminare terrore e morte!>> gli rispose con il fiato corto.
<<Certo che no! Appena arrivato alla Torre del Conclave lancia l’allarme ed imbastisci una difesa che possa reggere. Noi penseremo ad attirarli verso la trappola!>> Così dicendo, senza lasciare a Bran il tempo di ribattere, il Maestro della Gilda tornò a dare man forte ai suoi.
Con il cuore in gola ed il fiato corto, il giovane paladino dagli occhi cerulei rinfoderò lo spadone e si mise a correre il più velocemente possibile verso la non lontana Torre del Conclave. Uscito dal lato est della piazza antistante il Tempio, Bran percorse le vuote strade lastricate di Ororia, che conosceva a memoria, con solo il fischio del vento nelle orecchie. Nel giro di una manciata di minuti il paladino fu sul posto e, battuti i pugni sul portone, gridò a squarciagola per farsi aprire.
Una volta dentro pretese di esser ricevuto da chi, in quel momento, era a capo dei Chierici in sostituzione del Sommo Petrus… Rimanendo ancora una volta allibito dalla sinuosità e dalla florida pienezza delle forme della Pia Chierica dai lunghi capelli corvini e dai profondi occhi di ghiaccio.
<<Spero che le sue notizie siano buone, Bianco Bran>> gli fece Nemrak scendendo, con fare elegante, le lunghe scale che dalle sale poste ai piani più alti della Torre portavano al grande salone d’ingresso in cui il paladino ora si trovava assieme ad un paio di altri chierici.
<<Tutto dipenderà da come sapremo coordinare i nostri sforzi>> le rispose il giovane Bran Llyr, riavendosi dallo stato di incantamento. <<Lanciate l’allarme ed aiutatemi ad organizzare una solida difesa>> concluse, gonfiando il petto per ergersi in tutta la sua possanza.
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<<Miei prodi paladini!>> gridò Thoris al di sopra del clangore della battaglia <<È il momento di rendere omaggio alla caduta dei nostri compagni al Tempio, nonché di onorare il sacrificio di quei coraggiosi chierici che hanno permesso la nostra ritirata!>>
<<Si!>> salì l’urlo dei paladini di Ororia, ridotti ormai allo stremo ma con il cuore ancora gonfio di determinazione.
<<Serrate i ranghi attorno a me e marciamo incontro al nostro destino!>> ordinò, lasciando che il Bianco Signore scegliesse le parole al suo posto. <<Per l’onore e la gloria, per il bene e la giustizia, per ciò in cui crediamo e per Colui che abbiamo giurato di servire… Che Orus ci protegga!>> gridò, alzando lo spadone ad un cielo più che mai plumbeo, in cui solo un pallido spicchio lunare faceva capolino da dietro le nubi.
Dopo aver lanciato l’ultimo sguardo d’intesa in direzione del Sommo Petrus, Thoris diede l’ordine di caricare.
Mentre il pugno di paladini si lanciava contro il nemico, fornendo un diversivo, il grosso dei chierici prese a ritirarsi sparpagliandosi tra le case che segnavano il perimetro della piazza al centro della quale sorgeva il Tempio di Orus.
Thoris e gli altri paladini presero a correre verso l’orda di scheletri, goblin e demonietti alati facendo strisciare la punta dei loro spadoni sulla pietra sotto i loro piedi: lo stridore attirò l’attenzione dei loro nemici che, voltatisi, si prepararono ad uno scontro che giudicarono fin troppo facile.
Urlando e gracchiando, le oscure truppe della Nera Gemella si disposero sulla difensiva riuscendo a respingere la carica dei paladini i cui fendenti, ormai non troppo potenti né precisi, si abbatterono sugli antichi scudi arrugginiti degli avversari i quali, movendosi per accerchiarli, passarono al contrattacco.
Lottando con la forza della disperazione, Thoris riuscì a schivare la maggior parte dei colpi a lui diretti, parando gli altri, per menare finanche qualche mortale fendente. Anche gli altri paladini, vuoi per volontà del fato vuoi per volontà divina, riportarono solo lievi ferite nel peggiore dei casi.
Disponendosi in cerchio per rispondere alla manovra di aggiramento delle nere orde nemiche, i paladini ressero per quasi mezz’ora all’assedio degli scheletri e degli altri mostri; fino a quando, come era prevedibile, le forze vennero loro completamente meno.
Fu in quel frangente che, nelle retrovie, esplose un’accecante luce dorata che, per pochi istanti, illuminò a giorno la piazza. Ossa scheletriche, sangue ed interiora, ali spezzate ed arti mutilati esplosero in aria ancora e ancora.
<<Avanti! Avanti!>> echeggiò, potente, la voce del Sommo Petrus riempiendo di speranza anche i paladini ormai rassegnati alla morte.
Con una magistrale manovra a tenaglia, i chierici si erano ritirati solo per colpire i nemici, con maggior furia, alle spalle.
Colti di sorpresa, scoperti e disorganizzati, i malvagi mostri al servizio della Nera Gemella capitolarono in breve tempo. Costretti ad una rapida quanto improvvisata ritirata, scheletri e demonietti e goblin ed ombre caddero nella trappola per loro ideata… Infilandosi dritti nella sacca che li avrebbe visti dirigersi verso la Torre del Conclave.
Il piano funzionò alla perfezione: non appena l’orda tenebrosa fu in vista della Torre, i chierici rimasti al suo interno scoccarono dalle numerose finestre, abbattendo con le loro grandi balestre i demonietti volanti e riducendo in cenere gli altri mostri tempestandoli di rilucenti incantesimi che, come saette, trafissero i nemici ad uno ad uno… Scesi poi sul campo di battaglia, completarono il lavoro a colpi di mazza ferrata.
Il massacro fu completo e quando dei mostri non rimasero che carcasse e cenere, dalla piazza antistante la Torre del Conclave si levò un altissimo urlo di trionfo in risposta al quale gli abitanti di Ororia, che fino ad allora si erano barricati in casa in preda al più nero terrore, scesero nelle strade per cercare di capire cosa fosse successo.
Mentre parte dei chierici si assunse il compito di tranquillizzare la cittadinanza, onde evitare che il panico più folle si diffondesse ad Ororia, gli altri si prodigarono a prestare le necessarie cure ai reduci di quella durissima battaglia.
Stanchi ed ammaccati, i paladini capitanati da Thoris fecero il loro ingresso nella Torre… Ne rimanevano dodici con Bran.
Anche il Sommo Petrus fu condotto nelle Sale del Sanatorio assieme a tutti gli altri, chierici e paladini, incapaci di reggersi sulle proprie gambe.
Bran Llyr, invece, dopo esser stato curato delle non troppo gravi ferite riportate su tutto il corpo, fu condotto in una delle molte stanze per gli ospiti dove poté godere di un bagno caldo, buon cibo ed un letto morbido e confortevole.
Quel giorno, su Ororia, scese la notte più buia che si potesse ricordare a memoria d’uomo, fiocamente illuminata solo dalla divina luminescenza della bolla sigillante che circondava il Tempio.
Una notte carica di cattivi presagi ed arcani sussurri…
Sotto le coperte, sul petto di Thoris, il medaglione a forma di sole raggiante, simbolo di Orus, pulsava di una strana fluorescenza, come in risposta ad un atavico richiamo.

Nella speranza che questo capitolo possa avervi emozionato almeno la metà di quanto mi ha emozionato scriverlo e di quanto mi emozioni tutt'ora rileggerlo, l' immancabile dritta musicale per impreziosire la vostra lettura:

Zaffo

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