Come promesso, eccomi tornato per un doppio "Bran il Paladino"!
Due capitoli tratto dal mio primo romanzo heroic fantasy... Due post uno dietro l'altro per una piccola maratona letteraria 😱
Tra le altre cose, oggi firmerò anche il contratto di edizione con la Midgard Editrice per la pubblicazione del mio ultimo racconto fantasy classico... Avrete quindi, a breve, l'occasione di conoscere un nuovo eroe: Sywyn Yana.
Chi è Sywyn? Non vi resta che resistere un mesetto e poi leggere la mia nuova pubblicazione 😎
E' giunto il momento tanto atteso; godiamoci questo nuovo capitolo che vede Bran Llyr, il nostro umano paladino dagli occhi azzurri come il cielo d'estate, sprofondare sempre più nell'oscurità dei cunicoli all'interno dei quali si nasconde il nemico.
Con lui, al suo fianco, la chierica Nemrak forte dei suoi poteri divini e della sua incrollabile determinazione; il nano Rurik dall'ascia e dalla rissa facile, per lui non esiste nulla che non possa essere risolto con un taglio netto; ultimo ma non ultimo Nin, il mezzelfo ladro dalle molte risorse spesso nascoste...
Laddove la compagnia si sta spingendo, il potere sacrilego è tanto forte da poter essere percepito da Bran e Nemrak come un brivido sulla pelle.
Un capitolo che si snoda tra magia, bianca e nera, evocazioni, bestie mitiche dalla ferocia inaudita, mortali indovinelli, acciaio e sangue, sudore e sacrificio.
Tempo di lettura: 15 minuti
6 - ENIGMA
Cigolando sinistramente, la porta si
aprì su un ambiente completamente diverso da quelli fin’ora esplorati dai
quattro avventurieri: il loro sguardo, infatti, si posò su pareti di pietra
grezza, non levigata, sostenute da un’impalcatura di travi di legno.
<<Una
miniera!>>esclamò Rurik, rallegrato dall'idea. <<Mi sento un pò
come a casa>> commentò, respirando a pieni polmoni l’aria rarefatta di
quel cunicolo.
<<Dubito
che a casa tua ci sia una tale concentrazione di energia negativa>>
ribatté Nemrak, rabbrividendo al contatto con quella pietra maledetta.
<<Sì>>
confermò Bran accigliandosi. <<Qui la presenza sacrilega del male è molto
più forte che dentro la casa.>>
<<E
ciò è un bene o un male?>> chiese il nano il quale, in tutta la sua vita,
non si era mai posto il problema di dover combattere contro qualcosa di
sacrilego o meno.
<<Beh,
un male perché in un’area sacrilega i poteri delle creature malvagie sono
rafforzati, mentre i nostri>> fece puntando il dito verso la chierica e
poi verso se stesso <<indeboliti; ma è anche un bene perché vuol dire che
siamo vicini all’obiettivo>> gli spiegò.
<<Con
le armi benedette, se non sbaglio>> intervenne Nin <<dovremo
riuscire a colmare lo svantaggio, no?>>
<<In
parte>> gli rispose Nemrak passandosi una mano tra i lunghi capelli
corvini. <<I danni che riusciremo a procurare ai nostri nemici
attaccandoli in mischia non subiranno alcuna riduzione; solo che gli
incantesimi divini che io e Bran lanceremo non avranno la stessa potenza. Per
far sì di eliminare anche questo inconveniente dovremo consacrare tutta l’area,
un lavoro che richiederebbe dei giorni, se non una settimana intera>>
concluse.
<<Orus
è con me ed in me>> affermò Bran. <<Non mi curo certo di questi
problemi… E non dovreste farlo nemmeno voi! Pensiamo solo a scovare l’orrida
creatura e punirla nel nome della giustizia!>> aggiunse, mentre la sua
mente riandava alle scene del massacro di Ed e della sua famiglia.
<<Con
Orus a guidare i nostri passi non possiamo che essere fiduciosi>> acconsentì
la chierica dai gelidi occhi azzurro verdi.
Il gruppo di avventurieri, con in
testa il solito Rurik ansioso di far scorrere il sangue sulla lama della sua
ascia, esplorò quegli oscuri cunicoli finché, anche gli occhi di Bran e Nemrak
e di Nin, non scorsero una fioca luce filtrare da un’apertura poco più avanti.
Cercando di appiattirsi al muro di
pietra, i quattro si mossero con cautela, raggelandosi qualche istante dopo.
Dall’apertura, infatti, si affacciò il
muso taurino di una creatura che i quattro non avrebbero mai creduto di poter
incontrare lì, ad Ororia: un feroce Minotauro alto almeno due metri e mezzo,
dai rossi occhi infuocati, armato di un’ascia bipenne grande almeno il doppio
di quella impugnata da Rurik. L’ampio torace e le possenti braccia della mitica
creatura, oltre che di folto pelo rossiccio, erano coperti di una pesante
armatura di ferro che, ad ogni suo passo, produceva un metallico clangore.
Il muso della bestia, almeno così
parve ai quattro, si voltò verso di loro con estrema lentezza permettendogli di
ammirare, con stupita preoccupazione, quelle mascelle squadrate e quelle
bianche corna appuntite, ognuna delle quali era grossa almeno quanto il kukri
di Nin. A metà del suo giro, la testa del Minotauro si bloccò di scatto, mentre
a girare fu il resto del corpo: gli zoccoli sollevarono una nube di polvere
nello stesso momento in cui il mostro, dopo aver digrignato i denti per
lanciare il suo grido di battaglia, caricò Rurik, il primo della fila.
Il Nano, abituato a non indietreggiare
dinnanzi a nessun nemico, piantò saldamente i piedi a terra preparandosi a
resistere all'assalto.
Nel frattempo, Nin balzò di lato
preparandosi a scoccare mentre Nemrak, calma nonostante tutto, prese a
salmodiare un’invocazione ad Orus.
Dal canto suo Bran, stretti i pugni
attorno all'impugnatura del suo spadone, si affiancò a Rurik per dargli man
forte nel respingere la carica.
Le frecce che saettarono poco sopra la
testa del nano riuscirono a penetrare la robusta corazza del Minotauro, il
quale si scompose nella corsa ma non arrestò per un solo istante l’attacco,
reso forse meno devastante dall'incantesimo di Nemrak che, qualche secondo
prima dell’impatto, raggiunse Bran e Rurik facendone aumentare la forza.
La mitica bestia dalla testa taurina,
con una furia indicibile, calò la sua grande ascia sui due nemici che gli
sbarravano la strada i quali, presi un lungo respiro, la intercettarono con le
rispettive armi. Ciononostante, il Minotauro li travolse con la sua possente
mole, costringendoli ad indietreggiare di parecchi metri.
Altre due frecce, veloci e precise,
volarono verso la leggendaria creatura strappandogli un ruggito più di rabbia
che di dolore.
Ammaccati e con tutte le giunture
indolenzite, Bran e Rurik si guardarono dritti negli occhi, annuendo
all’unisono: rialzatisi da terra e strette le armi in pugno, caricarono a loro
volta. Il fendente di Bran non andò a segno, infrangendosi sull’ascia roteante
del nemico, mentre il colpo del guerriero nanico riuscì ad aprire una ferita
sull’addome del Minotauro che lanciò un grugnito di disapprovazione… O forse un
richiamo giacché, dal fondo del corridoio, irruppe un secondo mostro taurino
alla vista del quale, di comune accordo, il biondo paladino ed il barbuto nano
iniziarono una progressiva ritirata.
Dietro ai due di testa, Nin e Nemrak
indietreggiarono a loro volta, ma non senza dare il proprio apporto
all’impresa: la chierica, terminata l’invocazione, alzò le braccia al cielo
ottenendo di far apparire un feroce lupo crudele che, ringhiando, si lanciò
all’attacco. Così facendo, Nemrak dette a Rurik e a Bran il tempo necessario a
completare la ritirata, nonché a Nin la possibilità di scagliare ancora qualche
freccia verso il bestione che, iniziando ora a risentirne, barcollò.
Nel frattempo, il grosso lupo evocato
da Nemrak riuscì ad azzannare ad una coscia il secondo Minotuaro che, stizzito,
pose fine all’esistenza dell’animale decapitandolo senza tanti complimenti.
Toltosi quel fastidio, si lanciò
all’inseguimento dei quattro avventurieri assieme al suo compagno ferito dalle
molte frecce che lo avevano trafitto. Un profondo ruggito di rabbia gli
proruppe tonante dalla gola nel vedere l’ascia del nano abbattersi sulla gamba
del compagno per tranciargliela di netto a metà coscia: per coglierli di
sorpresa, Rurik si era appostato appena dietro la svolta del cunicolo. Il corpo
monco del minotuaro urlante cadde all’indietro mentre fiotti di sangue
zampillarono dal suo arto amputato.
Pervaso da un’incontrollabile furia
omicida, e con gli occhi ora iniettati di sangue, il secondo Minotauro prese un
lungo respiro prima di caricare con tutta la sua devastante forza.
Accortosi della collera della mitica
creatura taurina, ma non temendo niente e nessuno, Rurik si dispose in
ginocchio in posizione di difesa, con l’ascia da guerra spianata dinnanzi.
<<Testone!>>
pensò Bran a voce alta nell’osservare, da alcuni passi di distanza, la scena.
Chiusi gli occhi e trovato un minimo di concentrazione, il giovane paladino
diresse una sfera di energia divina verso il guerriero che, colto
dall’incantesimo, sentì le forze moltiplicarsi in lui.
Grazie al magico intervento di Bran,
Rurik riuscì a limitare i danni dovuti allo spaventoso scontro: l’enorme ascia
del mostro calò verso il nano il quale, pronto di riflessi, riuscì a deviarla
ma, con una rapidità sorprendente, il Minotauro la recuperò all’istante
incalzando il guerriero costretto ad arretrare sulla sola difensiva.
Avvertiti da Bran, Nemrak e Nin
accorsero sul posto, preparandosi alla lotta.
Dal suo canto, il paladino mosse in
aiuto del nano, ma un colpo di piatto del Minotauro lo scaraventò rovinosamente
a terra.
Nello stesso istante in cui la bestia
colpì il suo compagno di ventura, Rurik passò al contrattacco menando un
fendente diretto al braccio destro del nemico che, facendo roteare l’enorme
ascia con una maestria encomiabile, lo parò per dirigerne poi il manico, con
forza tremenda, verso la testa del nano, impattandola con un sordo boato che si
sparse per tutto il buio cunicolo.
Prima che il mostro calasse il colpo
di grazia su Rurik, Nemrak fece saettare verso di lui l’incantesimo di luce
che, facendolo risplendere come una torcia, lo accecò.
Mentre quest’ultimo cercava recuperare
l’uso della vista sfregandosi gli occhi con il dorso della mano, Nin, correndo
verso il nemico, incoccò e scagliò una serie di frecce, quasi tutte a segno.
Dietro al ladro, Nemrak accorse in
aiuto dei due feriti che si trovavano a terra, immobili.
Il mezzelfo, arrivato ad una distanza
troppo ravvicinata per tirare con l’arco, sfoderò il kukri saltando, con una
splendida acrobazia, in groppa al mostro, cercandone poi la gola.
Il più in fretta possibile, la
chierica dai lunghi capelli corvini invocò Orus affinché le concedesse l’energia
magica necessaria a curare il paladino privo di conoscenza. Nel giro di un
minuto, Bran si riebbe a sufficienza da rialzarsi in piedi. Nemrak, allora, si
prodigò per prestare soccorso anche al nano.
Scorgendo a pochi passi di distanza un
infuriato Minotauro intento a scrollarsi di dosso il ladro che, dimostrando un
coraggio ed una tenacia notevoli, si ostinava a rimanervi attaccato, il giovane
paladino dai lunghi capelli biondi si gettò all’istante nella mischia
schivando, quasi per miracolo, un fendente del mostro che, accortosi di lui,
diresse il filo della sua ascia verso la testa dell’umano. Concentrando in un
solo affondo tutte le sue forze, Bran puntò all’addome del nemico: la punta del
suo spadone stridette nel perforare l’armatura d’acciaio trovando, poi, la più
tenera carne ed affondandovi con difficoltà sempre minore, dato che i possenti
addominali del Minotauro, prima tesi nello sforzo della battaglia, si
rilassarono per contrarsi spasmodicamente nell’agonia della morte.
Il corpo del mostro finì a terra
sollevando un boato che riecheggiò nelle orecchie di Bran come al rallentatore,
mentre sbuffi di polvere gli coprirono per qualche istante la visuale.
Avendo visto la punta dello spadone
sbucare insanguinata dalla schiena del minotuaro, Nin spiccò un salto
atterrando, con leggerezza, alle spalle di Bran.
<<Chi
avrebbe mai detto che in vita mia avrei incontrato una tale mitica
creatura…>> commentò il mezzelfo, eccitato. <<Ammazzarla
poi!>> aggiunse incredulo, prendendo a calci il corpo senza vita del
mostro. <<Lascia che si sparga la voce e le ragazze faranno la fila per
volermi baciare e…>> sorrise.
<<Cerchiamo
di pensare al da farsi>> lo redarguì Bran, voltando il suo sguardo verso
Rurik, al cui fianco si trovava Nemrak intenta a curarlo.
<<Certo
che tu e il paladino mi date un bel daffare>> scherzò la chierica non
appena il nano si riebbe.
<<Mai
quanto i Minotauri hanno dato daffare a noi>> brontolò il guerriero.
<<Ad ogni modo, ti ringrazio>> riuscì a dire una volta in piedi,
rimettendosi l’ascia in spalla per dirigersi poi verso il cunicolo nel quale,
morente, stava l’altro Minotauro agonizzante.
<<Lasciamolo
crepare da solo>> suggerì Rurik, sputando sulla creatura che, poco prima,
avrebbe gioito nel vederlo morire allo stesso modo.
<<No>>
gli rispose Bran, a denti stretti. <<Gli darò il colpo di grazia!>>
disse calando un istante dopo il suo spadone a due mani sulla testa dell’ormai
inerme creatura che, in una pozza di sangue, stava contorcendosi dal dolore e
dalla disperazione.
Di riflesso, le mani del mostro, non
appena la lama affondò nella sua carne, mollarono la presa sulla testa taurina
mentre il corpo, incrostato di sangue che andava coagulandosi, si contraeva
negli ultimi istanti di vita.
<<Anche
il peggiore dei nemici merita una morte quanto meno dolorosa e crudele
possibile; così insegna Orus nella sua infinita saggezza>> spiegò al nano,
fissandolo dritto negli occhi.
<<Ah!>>
grugnì l’altro da sotto i baffi neri. <<Per quel che me ne
importa>> concluse avviandosi verso la luce in fondo al cunicolo.
<<Hai
fatto la cosa più giusta>> assicurò Nemrak al giovane paladino,
poggiandogli la mano sulla spalla. <<Io avrei fatto lo stesso.>>
f
Messa la testa dentro l’apertura ricavata
nella viva roccia, il nano rimase allibito nel poggiare gli occhi su una
grandiosa fenditura all’interno della quale, con una maestria fuori del comune,
era scolpito un portale monumentale nelle dimensioni e nella bellezza. Ai lati
del portale stavano accoccolate due enormi statue di una strana creatura dal
corpo di leone e dalla testa di donna i cui lineamenti, tanto erano ben
disegnati e torniti, sembravano muoversi impercettibilmente seguendoli con lo
sguardo.
<<Sfingi>>
sussurrò Nemrak. <<Serve della Nera Gemella, guardiane dell’Abisso e
carceriere delle anime dannate>> spiegò sempre in un sussurro, quasi
avesse il timore di poterle risvegliare dal loro sonno di pietra.
Le
Sfingi, poste sopra un alto piedistallo, dominavano la scena con una solennità
spaventosa: dai loro volti, infatti, si irradiava un innaturale senso di
autorità ed antico, spaventoso, potere.
Le due grandi sculture, che Rurik
stimò misurare almeno tre metri d’altezza, immettevano ad un corridoio
fiancheggiato, da ambo i lati, da una serie di grosse colonne le cui punte,
perse nel buio del soffitto a volta della fenditura, si fondevano con questa.
Chi stringendo in pugno le armi e chi
preparando un incantesimo, i quattro percorsero con passo lento e quanto più
possibile leggero quel corridoio spazzato da un gelido alito di morte. Dopo un
tempo che sembrò infinito, dinnanzi a loro si aprì uno spiazzo contornato
anch’esso, lungo tutto il perimetro, da alte colonne la cui fine i loro occhi
non potevano scorgere.
<<Statemi
vicini>> ordinò Bran agli altri tre. <<Statemi accanto e nessun
timore si insinuerà nei vostri cuori, poiché attraverso di me Orus vi darà quel
coraggio proprio di chi sa di essere nel giusto>> gli spiegò ergendosi in
tutta la sua possanza.
Al centro di quello spiazzo, colossale
e scuro più della notte stava un Golem di roccia, immobile. Solo quando gli
avventurieri gli furono ad una decina di metri i suoi occhi si aprirono
improvvisamente nello stesso momento in cui, con un boato e uno stridio
assordante, i suoi arti iniziarono a muoversi, sollevando sbuffi di polvere: le
sue braccia si levarono al di sopra della sua squadrata testa di pietra per
ricadere lungo i fianchi nello stesso momento in cui le possenti gambe, grosse
più delle colonne che sorreggevano quella costruzione nella roccia, si
muovevano in avanti, verso quelli che erano, ai suoi occhi, quattro minuscole
creature poco più che insignificanti.
<<Statemi
vicini!>> urlò Bran al di sopra del fracasso prodotto dal Golem.
<<Non muovete un passo e non alzate le vostre armi!>> ordinò con
voce ferma e sicura.
Dopo aver mosso un passo verso gli
avventurieri, ergendosi al di sopra delle loro teste per almeno cinque metri,
il gigante di pietra parlò in una lingua che solo Bran e Nemrak riuscirono a
capire, essendo quella dei loro nemici prediletti: l’abissale. I suoni
gutturali ed oscuri di quella lingua furono pronunciati con una tale potenza
che rimbombarono nel petto di ognuno dei quattro compagni di ventura,
minacciando di togliergli il respiro, riecheggiando nelle loro teste e
facendogli venire le vertigini per un paio di minuti dopo che il Golem ebbe
finito.
Ancora prima che Nin o Rurik gli
ponessero alcuna domanda, Bran tradusse a loro favore.
<<Dice
che, chiunque noi siamo, per passare oltre dobbiamo risolvere l’enigma delle
Sfingi. Se non saremo in grado di dar loro la risposta giusta>> deglutì
Bran prendendosi una pausa <<dovremo prepararci a morire, per volontà
della loro Padrona, sotto la loro furia e la sua, poiché starebbe a significare
che non dovremmo trovarci qui.>>
<<Quale
enigma? Le statue non ci hanno posto nessun indovinello>> grugnì Rurik.
<<Le statue non possono parlare!>> assicurò.
<<Non
tra le tue montagne, nano>> gli fece Nin, sarcastico. <<Ma qui sì…
Girati!>>
Voltatosi, il guerriero sbatté il
proprio muso su quello di donna di una delle Sfingi. Incredulo, arretrò.
Sentendosi le gambe mancare per la prima volta nella sua vita, Rurik si trovò a
sedere per terra.
<<Non
può essere vista, non può essere provata, non può essere sentita né essere
odorata. Mente dietro alle stelle e sotto le colline e nei buchi vuoti che
riempie. Viene per prima e segue dopo, ferma la vita e uccide la
ristata>> recitarono all’unisono le Sfingi dalla stridula voce acuta come
un fischio, rimanendo poi immobili in attesa della risposta.
Pochi istanti dopo, il Golem,
stringendo i pugni grandi come macigni, tuonò.
<<La
risposta!>>
Ripetendosi l’enigma, i quattro
provarono a sforzarsi.
<<Non
ho mai sopportato gli indovinelli>> brontolò Rurik. <<Attacchiamoli
e facciamo valere la legge della lama!>> ringhiò.
<<Non
avresti nemmeno il tempo di brandire la tua ascia, nano>> gli rispose
Nin, grattandosi il mento coperto da un folto pizzetto.
<<Deve
trattarsi di qualcosa di invisibile…>> suggerì Bran che, in quanto ad
enigmi, non era molto più pratico di Rurik.
<<Ferma
la vita, uccide la risata… qualcosa di triste allora, di deprimente>>
ragionò Nemrak.
Digrignando le fauci, le Sfingi
cominciarono a ringhiare con un basso gorgoglio.
<<Datemi
entro breve la risposta, o subite la volontà della Padrona!>> fece il
Golem in un grido simile ad un tuono in lontananza.
<<Impugnate
le armi!>> ordinò Bran agli altri tre, vedendo le Sfingi pronte ad
attaccare. <<E affidate le vostre anime ad Orus>> aggiunse la
chierica.
Ertesi in tutta la loro maestà, le
Sfingi mossero i loro passi felini verso il gruppo di avventurieri, iniziando a
girare in tondo allo stesso modo in cui un cacciatore gira intorno alla sua
preda; ruggendo.
Bran spianò il suo spadone tendendo
dinnanzi le braccia mentre Rurik, piantatosi sui piedi, prese a roteare la sua
ascia nanica. La chierica, le cui mani già iniziavano a risplendere, si pose al
centro della cerchia difensiva completata dal ladro che, estratte due frecce
dalla faretra, le incoccò prendendo la mira.
Già le belve mezzo leone e mezzo donna
stavano scattando per spiccare il salto quando, come un fulmine a ciel sereno,
la chiara voce del mezzelfo si levò al di sopra del teso silenzio che era
andato a crearsi prima dello scontro.
<<L’oscurità!>>
esclamò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. <<L’oscurità!>>
ripeté schioccando le dita, compiaciuto della propria intelligenza.
<<Come ho fatto a non arrivarci prima!>> si rimproverò, quasi
divertito. <<La risposta è “Oscurità”>> fece rivolgendosi al Golem
il quale, però, non dette segno di volerli far passare.
Le Sfingi attaccarono Bran e Rurik: il
primo riuscì ad intercettare la micidiale zampata e porre tra sé ed il mostro
il proprio spadone mentre il nano, da esperto guerriero qual era, non aspettò
di essere attaccato bensì si mosse in anticipo calando la propria ascia
sull’innaturale testa di donna, riuscendo solo a scheggiarle un orecchio.
Rendendosi conto di quello che stava
succedendo, Nemrak si mise a gridare la parola in lingua abissale per
“Oscurità”: non appena il lungo suono gutturale uscì dalle sue labbra, i mostri
dal viso di donna fermarono il loro assalto, volgendo verso la bell’umana il loro
sguardo contrariato… Evidentemente stavano già assaporando il piacere di
piantare le loro fauci nel tenero collo dei loro nemici.
La chierica, ora rivolgendosi verso il
Golem, gridò nuovamente la soluzione all’enigma.
<<Avete
il diritto di passare>> tuonò il gigante di pietra in quella lingua che
solo Nemrak e Bran potevano capire, per riprendere poi la posizione che aveva
avuto quando i quattro erano entrati. Facendo cigolare le sue antiche giunture
di roccia, il Golem indietreggio e tornò ad essere un’enorme statua al centro
dello spiazzo colonnato.
Nello stesso mentre, con mosse potenti
e feline, le Sfingi balzarono lungo il corridoio, distanti dai quattro
avventurieri, per tornare a fare da guardia al passaggio colonnato.
Nell’istante stesso in cui il gigante
di pietra divenne immobile, il terreno prese a tremare con un sordo fragore
proveniente dalle stesse viscere della terra: lunghe crepe si aprirono dinnanzi
ai quattro compagni e Nemrak, sbalzata dalla forza delle scosse sismiche,
sarebbe sicuramente caduta in una di queste se le gentili braccia di Bran non
l’avessero sostenuta. Dal crepaccio principale sorse come dal nulla un portale
di pietra dalla forma rotonda, la cui cornice, come sospesa a mezz’aria, era
incisa di strani simboli cui nessuno dei quattro riuscì a dare un significato
logico.
<<L’ora
della vendetta è giunta>> sussurrò Bran, stringendo lo spadone così forte
che le nocche gli si sbiancarono. <<La giustizia di Orus
trionferà!>> aggiunse. <<Le anime di Ed, di sua moglie e della
piccola Sandra potranno riposare in pace nell’eterna beatitudine del Bianco
Signore>> disse quasi ringhiando, tanta era la rabbia che provava.
<<Affidate
anche voi il vostro destino ad Orus>> fu l’accorato invito della chierica
dai lunghi capelli corvini, rivolto al ladro ed al guerriero.
<<La mia vita dipende solo dalla forza del mio
braccio e dalla sete di sangue della mia ascia!>> asserì solennemente il nano.
<<Ed entrambe sono un dono del potente Thor… Altro non mi serve>>
aggiunse con orgoglio.
<<La
benedizione di una Pia Chierica non può che farci bene, Rurik>> ribatté
Nin, appoggiandogli la mano affusolata sulla spalla coperta dall’armatura.
Troppo fiero per darlo a vedere, ma in
fondo in fondo convinto della ragionevolezza delle parole del mezzelfo, il Nano
passò per primo il portale che, nel frattempo, si era aperto in un nero velo di
liquida magia.
Bran, poi Nemrak ed infine Nin furono
inghiottiti dal magico passaggio che si chiuse alle loro spalle.
Sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, vi suggerisco tre brani musicali per allietare la vostra lettura e renderla ancor più coinvolgente:
Russel Allen - Jorn Lande: "Another battle"
Thy Majestie: "Sword of the justice"
Hammerfall: "Let the hammer fall"
Zaffo
Nessun commento:
Posta un commento