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Il male ha mosso per primo la pedina sulla scacchiera di Ororia: come ultimo e atroce atto, la serva di Hanubi, la Grande Nemica, ha sacrificato un'intera famiglia sull'altare della malvagia divinità; madre, padre e figlioletta sono stati brutalmente macellati sotto gli occhi di Bran.
Orus, cui il giovane paladino ha votato la sua vita, è divinità benefica, di luce, di vita e di bontà ma i Paladini sono pur sempre sacerdoti guerrieri... Il male dovrà essere punito, estirpato ed epurato: il braccio che dovrà brandire la spada che dovrà essere bagnata del sangue immondo è quello di Bran.
A lui e solo a lui Orus ha affidato l'esecuzione della sua giusta ed iraconda punizione.
4 – SIA FATTO IL SUO VOLERE
Le
grida del giovane paladino attirarono l’attenzione dei due chierici che,
presosi cura del suo corpo ferito, avevano il compito di vegliare sulla sua
guarigione.
I
due uomini di fede entrarono nella stanza tutti trafelati, ancora sconvolti
dallo spavento. Li, trovarono Bran, a sedere sul letto, che stringeva il
medaglione di Orus talmente forte da far sanguinare la mano destra.
<<Abbiamo sentito un urlo, state
bene?>> gli chiese il più anziano tra i due guaritori.
<<No, non sto per niente
bene!>> urlò ancora Bran, incollerito, mentre sul suo volto andava
disegnandosi un’espressione di ferrea determinazione.
<<Dove vi duole?>>
<<Non è il mio corpo a soffrire
bensì la mia anima>> gli rispose il giovane levandosi le coperte di
dosso.
<<Non potete alzarvi!>> lo
redarguì l’altro chierico facendo per rimetterlo a letto. <<Le vostre
ferite non sono ancora del tutto rimarginate ed il vostro corpo potrebbe non
aver smaltito del tutto il veleno inoculatovi>> gli spiegò con
apprensione.
<<Non me ne preoccupo
affato>> fu la secca risposta del paladino che, in quel momento, non
desiderava altro che vendicare il massacro di quella povera famiglia.
<<Orus mi ha assegnato un compito al quale non posso sottrarmi. Niente e
nessuno mi impedirà di far piovere sulla testa dei malvagi la giustizia del
Bianco Signore!>> ringhiò furibondo.
<<Ed ora lasciate questa stanza…>>
<<Ci è stato ordinato di…>>
<<L’importanza di qualsiasi cosa
vi sia stata ordinata impallidisce dinnanzi alla grandezza del dovere che Orus
stesso ha posto sulle mie spalle!>> sbraitò di mala grazia.
<<Lasciatemi solo!>> ordinò poi il giovane paladino.
Ripensando
a quel frangente, Bran dovette riconoscere di aver esagerato ma le persone più
buone, quelle che non si arrabbiano mai, o quasi, possono essere molto cattive o
perfino crudeli quando gli capiti… Bran era a dir poco infuriato quel giorno.
I
due chierici, offesi ed indignati, lasciarono la camera facendo sbattere la
porta alle loro spalle.
Non
appena i due se ne furono andati Bran prese a vestirsi ed armarsi. Lo fece con
una lentezza ed una ritualità quasi sacra, tanto era risoluto. Completata la
vestizione, il paladino si inginocchiò dinnanzi al suo letto ma, prima che
potesse congiungere le mani per mettersi a pregare, la sua porta si aprì
violentemente e Damien e Thoris fecero il loro ingresso, collerici in volto.
<<Cosa
ti è passato per la testa a trattare in quel modo chi ti ha resa salva la
vita?>> esplose Damien ponendosi dinnanzi al giovane paladino con fare
minaccioso.
<<Ho
solo seguito il volere di Orus>> gli rispose Bran, ora calmo ma
ugualmente determinato.
Nemmeno il GranMaestro avrebbe potuto
impedirgli di tornare in quella casa e compiere il suo dovere.
<<Ho
forti dubbi nel credere che Orus voglia che tu offenda due dei suoi
chierici!>> gli gridò contro Thoris.
<<Ma
non vi sono dubbi che il Bianco Signore pretende che il massacro perpetrato
stanotte da una maledetta adepta della Nera Gemella sia punito immediatamente>>
ringhiò Bran, stringendo i denti per contenere la rabbia montante nel suo
cuore.
<<Di
che cosa stai parlando?>> gli chiese Damien incredulo.
<<Stanotte
ho avuto una divinazione. Orus, in un sogno orrendo che non ho cuore di
raccontarvi, mi ha reso testimone delle sevizie e dell’uccisione di una
famiglia di onesti abitanti della nostra città>> gli spiegò mentre i suoi
lineamenti divennero duri come la roccia.
<<Ancora
non riesco a capire>> lo incalzò Damien, sempre più convinto di trovarsi
immischiato in una brutta faccenda.
<<Chiamate
un chierico, ve ne prego, non voglio dover raccontare quanto Ed, sua moglie e
sua figlia abbiano dovuto sopportare nel nome di Orus>> gli rispose il
giovane paladino cercando di riconquistare il controllo di se stesso.
<<Vogliate vederlo con i vostri stessi occhi>> concluse.
Di corsa, Thoris si precipitò a
chiamare il più anziano tra i chierici che avevano il compito di vegliare su
Bran.
<<Porgo
le mie più sentite scuse a lei e all’altro Pio Chierico. Vi sono anzi debitore
della vita>> si scusò il biondo paladino non appena il sacerdote fece il
suo ingresso lanciandogli un’occhiataccia di traverso. <<Ora potrete
capire il perché del mio comportamento>> aggiunse sedendosi sul letto,
dando le spalle ai tre.
<<Pio
Clorus>> lo pregò Damien <<vogliate leggere nel pensiero del
giovane Bran e renderci partecipi della visone.>>
<<Come
desiderate, Bianco Damien>> acconsentì l’uomo di fede. <<Appoggiate
la vostre mani sulle mie spalle>> disse rivolgendosi anche a Thoris.
I due paladini obbedirono.
Le invocazioni divine di Clorus si
levarono nella stanza in un sussurro mentre, con mosse lente e misurate, il
chierico poneva le mani sulla testa di Bran: alcuni istanti dopo, nella mente
dei tre osservatori, le sanguinarie immagini di quella tragedia presero forma
strappandogli lamenti e lacrime, straziandogli il cuore e placandone l’ira
verso il giovane paladino.
Prima che il rituale eseguito dal
mostro dalla testa canina avesse termine, il chierico staccò le mani dal capo
di Bran, affranto.
<<Ora
capisco le tue motivazioni, giovane paladino>> lo scusò l’anziano
guaritore <<e comprendo quale importante missione ti abbia affidato
Nostro Signore. Il tuo comportamento era pienamente giustificato e le tue scuse
accettate, anzi, mi scuso io stesso per aver mostrato arroganza nei tuoi
confronti; anche a nome di Gavio.>>
Damien e Thoris, invece, stettero in silenzio
alcuni terribili attimi in cui i loro cuori sembrarono fermarsi.
<<Non
possiamo permetterglielo>> sussurrò poi Thoris.
<<Forse
non dovremmo…>> gli fece eco Damien.
<<Con
o senza il vostro permesso, Maestri, io compirò il volere di Orus!>> fu
la rabbiosa risposta di Bran.
<<Faremo
il gioco della Nera Gemella>> aggiunse il Maestro della Gilda portandosi
le mani al petto, sentendo come un senso di opprimente angoscia.
<<Ma
se tale è il volere di Orus abbiamo noi il potere di opporci?>> replicò
il GranMaestro, rivolgendo una gelida occhiata al giovane paladino che già
stringeva in pugno il manico dello spadone. <<A lui, solo a lui era
indirizzata la divinazione e sulle sue spalle grava tale peso, caro
Thoris>> disse poggiandogli una mano sulla spalla. <<Hai il mio
permesso e la mia benedizione, giovane Bran>> aggiunse rivolgendogli
nuovamente lo sguardo, uno sguardo penetrante, pieno di speranza ma anche di
paura.
<<La
ringrazio, GranMaestro>> disse Bran inchinandosi profondamente.
<<Non
possiamo lasciarlo andare da solo nella tana del nemico!>> protestò
Thoris.
<<No,
hai ragione, amico>>confermò Damien. <<Non andrà solo>>
disse.
Il volto di Thoris si illuminò.
<<Ma
non sarai tu ad accompagnarlo, né io>> aggiunse il GranMaestro come
leggendogli nel pensiero. <<Orus ha voluto fare affidamento sul paladino
che riteneva, per qualche motivo, più adatto allo scopo e noi non siamo nessuno
per contraddire il giudizio del Nostro Signore>> gli spiegò. <<Abbi
la pazienza di attendere il calare del sole, giovane Bran>> lo pregò
Damien <<e ti troverò dei validi alleati>> gli promise.
<<La
Torre del Conclave risponderà alla vostra chiamata, Bianco Damien>>
assicurò l’anziano guaritore.
<<Bene,
bene>> asserì il GranMaestro.
<<Al
calar del sole mi farò trovare presso la cappella del Tempio>> concluse
Bran lasciando la propria stanza per dirigersi proprio alla cappella dove, per
quelle ore, avrebbe pregato Orus, suo Dio, per rinvigorirsi nello spirito.
Prima di uscire dalla stanza, però,
frugò nelle sue borse trovando con la mano un pezzo di pane, la carota e la
mela rossa per porgere il tutto a Damien.
<<Ecco
i mezzi di diffusione di questa nuova e strana epidemia>> disse
lasciandoli senza parole. <<La famiglia Malstorm aveva messo in piedi una
finta opera di carità e distribuiva alimenti avvelenati alla povera
gente…>> spiegò senza lasciarli ribattere. <<Provate a lanciarvi
una magia per individuare un avvelenamento o un incantamento equivalente e
avrete tutte le risposte alle vostre nuove domande>> concluse chiudendosi
la porta alle spalle.
<<Ora
capisco perché lo volessero morto>> disse Thoris passandosi la mano tra i
capelli castani.
<<Solo
ora mi rendo conto in pieno del suo grande potenziale>> gli fece eco
Damien. <<Orus, nei tempi difficili, ci manda sempre l’aiuto di cui
abbiamo bisogno e penso che il giovane Bran sia il dono della
provvidenza.>>
<<Se
è come dici, amico, e non ho motivo per dubitarne, dovremo averne cura>>
gli rispose Thoris.
<<Proprio
per questo è meglio metterci tutti e tre al lavoro>> fece il GranMaestro
della Gilda dei Paladini di Ororia, rivolgendosi anche all’anziano chierico.
<<Dovremo trovargli dei buoni alleati, persone capaci e fidate>>
aggiunse grattandosi la rada barba, più per conciliare la riflessione che per
necessità. <<La pregherei di recarsi subito presso la Torre del Conclave,
Pio Clorus. Avremo sicuramente bisogno dell’aiuto di uno tra i più promettenti
dei vostri.>>
<<Con
vero piacere, Bianco Damien>> asserì l’altro avviandosi verso il lungo
corridoio che portava all’uscita del Tempio.
<<Forza,
abbiamo poco tempo Thoris>> lo spronò il GranMaestro.
<<Si,
certamente>> fece l’altro paladino. <<Ho già dei nomi in
testa.>>
Al calare del sole, Bran si fece
trovare nel luogo stabilito. Dovette attendere poco perché di lì a qualche
minuto Damien e Thoris fecero il loro ingresso nella cappella del Tempio di
Ororia.
<<Seguici
Bran>> lo invitò Thoris, suo Maestro.
Bran seguì i due Maestri al di fuori
del Tempio, laddove altre tre persone stavano aspettando.
<<Salve
a tutti voi>> salutò Bran, con gentilezza. Gli altri ricambiarono.
<<Lascia
che ti presenti i tuoi compagni>> gli fece Damien senza tante cerimonie.
<<Nin
sarà il tuo esploratore e la tua chiave d’accesso ad eventuali ingressi chiusi
o segreti>> iniziò il GranMaestro indicandogli un Mezzelfo, poco più
basso di lui. <<Se saprà rendersi utile in questa missione otterrà la
cancellazione della pena per i suoi furti in città>> continuò prevenendo
la domanda che Bran avrebbe voluto porgli sull’affidabilità del ladro, i cui
occhi guizzanti la dicevano lunga sulla sua spigliatezza e furbizia.
Il Mezzelfo, poté vedere Bran,
indossava dei classici abiti da ladro, neri ed attillati e con una miriade di
tasche. Il suo volto pallido, retaggio della sua genia elfica, era seminascosto
dai lunghi capelli neri dai quali sporgeva un sottile naso aquilino. Sotto la
fronte sfuggente si aprivano due occhi neri e profondi, leggermente obliqui e
molto vivaci, pieni di intelligenza.
<<Costui,
invece, saprà farsi valere in mischia>> continuò appoggiando la mano
sulla spalla di un tozzo Nano dalla burbera faccia contornata di una lunga
barba raccolta in due trecce.
<<Il
mio nome è Rurik, Bianco Bran>> si presentò il guerriero in pesante
armatura completa, impugnando una possente ascia da guerra nanica.
<<E’
la migliore tra le guardie del corpo che prestano servizio ad Ororia e siamo
stati costretti a riscattarlo per il triplo del suo compenso dal nobile presso
il quale lavorava. Non abbiamo potuto assoldare una Guardia Cittadina, per il
momento è meglio che rimanga tutto all’interno del nostro Ordine>> gli
spiegò Damien, ancora una volta sembrando leggergli nel pensiero. <<Del
resto sono sicuro che Rurik sia un guerriero più potente di molte tra le nostre
Guardie Cittadine.>>
<<Poco
ma sicuro!>> esclamò il nano sentendosi quasi offeso nell’essere
paragonato, quanto a forza e possanza, ad un Umano. <<Vedi
questa?>> fece rivolgendosi a Bran, mostrandogli la lunga cicatrice che
dalla guancia destra scendeva sul collo per continuare sotto l’armatura
<<Me la sono procurata combattendo contro un drago… Che Thor lo maledica!
E credimi quando ti assicuro che quel bastardo l’ha pagata cara!>>
concluse, perdendosi nei suoi gloriosi ricordi.
Infine, mio giovane Bran, ho l’onore
di presentarti Nemrak, la più
promettente tra i Chierici di Orus presso la Torre del Conclave.
<<E’
un vero onore fare la sua conoscenza>> la salutò Bran inchinandosi
dinnanzi a cotanta bellezza.
<<Il
Sommo Petrus ci ha assicurato che la sua potenza è seconda solo alla sua tra i
chierici della Torre>> continuò Damien.
<<Penso
che il Sommo Petrus abbia troppe aspettative nei miei confronti>> esordì
la giovane donna, all’incirca della stessa età di Bran. <<Mi considero
una buona sacerdotessa ma non oserei mai paragonarmi al mio Maestro; molto ho
ancora da imparare>> concluse.
<<Noto
con piacere che la modestia è una qualità che non le manca>> osservò il
giovane paladino dagli occhi cerulei.
<<In
ogni caso>> gli rispose lei <<spero che i miei poteri si dimostrino
d’aiuto nel punire la malvagità che in quella casa risiede.>>
I magnifici occhi azzurro verdi della
chierica contrastavano con il colore dei suoi lunghi capelli corvini che,
fluenti, gli ricadevano lucenti sulle spalle coperte dall’argentea tunica
propria dei Chierici di Orus. Sotto quella leggera tunica di un tessuto a
tratti semitrasparente, Bran poté indovinare le sue piacevoli forme di florida
donna nel fiore della giovinezza.
La dolcezza di quel suo lato tutto
femminile, però, contrastava con il suo volto deciso ed il suo sguardo
glaciale, uno sguardo che avrebbe potuto intimorire il più coraggioso ed
incosciente dei barbari ma che, scommise Bran tra sé e sé provando uno strano
brivido a lui sconosciuto, avrebbe potuto sciogliere il più gelido dei cuori.
Il gruppo guidato da Bran si incamminò
verso la casa della famiglia Malstorm: il sole stava per tramontare dietro i
sette colli che coronavano Ororia, spandendo i suoi ultimi raggi morenti che
coloravano il cielo di un arancione sbiadito.
Bran, a quella vista, provò un dolce
senso di malinconia mentre la determinazione montava prepotente in lui. Quel
miscuglio di emozioni portò la sua mente ad interrogarsi sui più profondi
misteri della vita e dell’esistenza dell’uomo, sul senso della contrapposizione
tra bene e male e sulla grandezza delle forze che guidano il destino dei
mortali. Al giovane paladino piaceva perdersi nei meandri delle sue
riflessioni, lo aiutava a rilassarsi e così facendo la sua mente si librava,
libera dalle ancore del mondo terreno, al di sopra della pochezza della
materia.
Il volo pindarico lo riportò indietro
di quasi una decina d’anni, al giorno in cui, appena diciottenne, fu fatto
paladino.
In
quel soleggiato pomeriggio d’estate il Tempio, dinnanzi ai suoi occhi, brillava
di un perlaceo bianco quasi accecante. Poiché dei suoi genitori non si era mai
saputo niente, al suo fianco si trovava ora Thoris già suo Maestro. La mano del
paladino dai profondi occhi nocciola, appoggiata paternamente sulla sua spalla,
lo aiutava a rimanere presente a se stesso, a restare calmo e lucido poiché, l’emozione
per quello che sarebbe stato uno dei momenti più importanti della sua vita, se
non il più importante, era davvero tanta.
Ad
aspettarlo, appena dentro la cappella del Tempio, vi era Damien, il GranMaestro
della Gilda che, fino ad allora, aveva solamente intravisto durante il suo
addestramento: l’armatura del più saggio e virtuoso tra i paladini di Ororia
riluceva della divina potenza di Orus, ed il suo portamento fiero ed
autoritario incuteva nel giovane un giusto timore reverenziale.
Decine
e decine di persone riempivano i banchi della cappella poiché, ad Ororia, la
nomina di un nuovo Paladino era vissuta come una grande benedizione di cui
tutti erano estremamente grati.
In
piedi, ai lati dell’altare, stavano anche tre Chierici in veste di testimoni.
Bran
fu condotto all’altare nel silenzio più assoluto, doveroso in una cerimonia
tanto importante: ipnotico, solo il rumore dei passi sul bianco pavimento di
marmo ancorava il giovane Bran Llyr alla realtà.
Il Bianco Damien,
dall’incolta barba allora completamente tinta, lo fece inginocchiare dinnanzi
all’imponente statua di Orus, la potente divinità alla quale Bran si sarebbe
votato.
<<Ascolta, o Bianco Signore,
rivolgo a te le mie preghiere e degnati di benedire con la destra mano della
Tua maestà questo spadone, del quale questo tuo servo desidera essere cinto. Che
possa essere una difesa dei templi, delle vedove, degli orfani e di tutti i
Tuoi servi contro il flagello dei miscredenti. Che possa essere il terrore e il
castigo di ogni altro malvagio e che possa essere strumento di giustizia sia
nell’attacco sia nella difesa.>> Quelle parole, che da più giorni Bran
continuava a ripetersi per paura di non ricordarle al momento opportuno, gli
uscirono dalla bocca accompagnate da una lacrima di gioia: finalmente, il sogno
della sua vita stava per realizzarsi. Avrebbe reso il mondo un posto migliore,
un posto in cui ingiustizie, prevaricazioni e disonestà sarebbero scomparse,
pensò.
Con l’animo in pace e la mente sgombra
da ogni tensione, il giovane paladino dagli occhi cerulei si apprestò alla
porta verniciata sulla quale, ancora, era appeso il solito cartello: “Casa
Malstorm. Opere di carità”.
Oltre al suo spadone, si disse
sorridendo, avrebbe messo al servizio di Orus anche la sua stessa vita.
Quando Rurik, il Nano guerriero, vide
Bran indugiare sull’uscio fece per scansarlo ed entrare per primo. Il giovane
paladino lo fermò.
<<Aspetta>>
gli disse. <<Voglio lanciare un incantesimo per capire cosa ci aspetterà
una volta entrati.>>
<<Come
vuoi>> gli rispose. <<Certo per me non fa alcuna differenza.
Qualsiasi cosa si trovi qui dentro dovrà fare i conti con il filo della mia
ascia>> aggiunse.
Concentratosi, Bran poté sentire che
l’intera area della casa era stata maledetta: lì il male, ora, dominava incontrastato.
Dinnanzi ai suoi occhi ogni cosa brillava di una intensa luce fluorescente,
segno che tutto era intriso di una forte essenza malvagia.
<<La
sento anch’io>> gli confermò Nemrak, la chierica, facendosi avanti.
<<Voglio lanciare una divinazione>> fece estraendo da una tasca dei
dadi sui quali erano incise alcune rune.
<<Mi
sembra un’ottima idea>> acconsentì Bran.
Nemrak, inginocchiatasi sull’uscio
della porta di casa Malstorm, dopo aver salmodiato un’invocazione ad Orus lanciò
per terra i dadi divinatori.
<<Corpi
senz’anima e della Nera Gemella il servitore; zanne crudeli e trabocchetti in
ogni dove. Laddove il destino sarà compiuto, trovato sarà il tomo fin’ora
sconosciuto>> recitò in trance, riavendosi subito dopo.
<<Avremo
a che fare con i non morti>> dedusse Bran, facendosi coraggio.
<<Ma
se interpreto bene la profezia, almeno uno di noi riuscirà a vedersela con
l’emissario della Gemella Oscura…>> aggiunse la giovane chierica
raccogliendo i dadi runici.
<<Hanubi…
E un segreto perduto…>> gli fece eco Bran. <<L’orrida creatura ha
un corpo di donna e la testa da sciacallo. Dotata di una forza incredibile può
contare su delle impressionanti fauci capaci di spezzare le ossa di un uomo con
una facilità impressionante>> spiegò poi agli altri.
<<Dovremo
stare attenti anche alle capacità magiche che, sicuramente, Hanubi gli avrà
concesso>> aggiunse Nemrak.
<<Beh,
poche chiacchiere!>> esclamò Rurik impaziente. <<Andiamo là dentro
e facciamo il nostro dovere!>>
<<Hai
ragione>> gli concesse Bran, entrando per primo nella casa.
Al suo fianco si trovava il Nano,
dietro venivano Nemrak e poi Nin, il Mezzelfo ladro.
<<Fermi!>>
gridò proprio quest’ultimo in direzione dei due in testa, scattando in avanti
con una mossa felina.
<<Che
c’e?>> gli chiese il Nano, indispettito.
Il ladro non lo degnò di alcuna
risposta e, messosi a frugare nelle tasche, ne estrasse alcuni strani attrezzi
con i quali, con lenta cautela, fece il suo lavoro. Dopo aver finito, alcuni
minuti più tardi, sollevò uno strano ed ingarbugliato meccanismo.
<<Vedi,
Nano>> lo apostrofò <<se ci avessi messo il piede in cima una bella
fiammata ti avrebbe fuso in un sol tutto con la tua armatura, e dubito che ti
sarebbe piaciuto>> gli spiegò ghignando.
<<Beh,
ora posso passare?>> gli fece Rurik, ferito nell’orgoglio ma riluttante a
darlo a vedere.
<<Forse
è meglio che davanti stiamo io e Nin>> gli disse Bran. <<Mi
sentirei più tranquillo sapendo lei>> fece indicando la chierica
<<guardata a vista da uno un pò più robusto di lui>> disse indicando
il Mezzelfo, indorandogli la pillola.
<<Beh,
se è per questo, allora non posso che essere d’accordo>> asserì Rurik
gonfiando il petto.
Entrando, Bran notò che l’ambiente era
molto più lugubre di quanto lo ricordasse: la disposizione delle stanze era la
stessa solo che ora appena un paio di candele illuminavano tutto l’ambiente,
colmandolo di pozze buie tra le quali si agitavano foschi riflessi d’ombra. Le
ragnatele, inoltre, avevano invaso gli scaffali ricolmi di alimenti ammuffiti
ed andati a male; il puzzo di marcio permeava ogni angolo.
Estratto lo spadone, Bran si aggirò
circospetto per la cucina tenendo l’arma dinnanzi a sé. Avvicinatosi al tavolo,
poté vedere come il legno del mobilio, tarlato e cadente, fosse ricoperto di
muffa e di bianchi vermi striscianti: tutto ciò che era stato prima, altro non
era che un’illusione.
Appurato che non vi fossero pericoli
né nemici in quella stanza, il biondo paladino dovette trovare il coraggio di
dirigersi verso la camera nella quale era stato consumato il sacrificio di Ed e
della sua famiglia.
<<Nin,
controlla questa porta>> fece Bran indicandogliela.
Il Mezzelfo, senza discutere, si mise
a studiarla con occhio esperto.
<<Niente,
non ci sono trappole meccaniche né magiche>> gli sussurrò. <<E
sembra non esserci nessuno dall’altra parte>> aggiunse dopo aver
accostato l’acuto orecchio a punta.
Il giovane paladino, allora, fu pronto
per aprire: la prima cosa che lo investì fu un orrendo olezzo che, per qualche
istante, gli fece girare la testa. Aspettando alcuni momenti per avanzare, Bran
cercò di abituarsi al putrido odore di morte che in quella camera aleggiava;
intanto frugò la stanza con lo sguardo: il pentacolo formato dalle cinque
candele di cera nera era ancora là, solo che le candele erano ormai consumate.
Nel mezzo del pentacolo stavano i corpi dilaniati di Ed, sua moglie e la
piccola Sandra.
Come rapito da quella visione
sconvolgente, Bran rinfoderò l’arma e corse verso i corpi squarciati. Nello
stesso istante, però, il paladino sentì qualcosa muoversi attorno ai suoi
piedi; dall’altra parte dell’altare di pietra si erse un purulento verme
gigante che, se non fosse stato per la prontezza di riflessi e la precisione di
tiro del ladro, lo avrebbe colto di sorpresa: Nin, accortosi del pericolo
incombente, infatti, incoccò due frecce nello stesso momento e, con una
maestria fuori del comune, le scagliò contro il verme perforandogli il molle
ventre.
Il mostro si ritrasse, urlante, quei
pochi secondi che bastarono a Bran per sfoderare lo spadone e calarlo d’istinto
sul mostro. La lama del paladino tranciò in due quella schifosa creatura la
quale, secernendo un nauseabondo liquido giallastro, morì contorcendosi fino
all’ultimo spasmo.
Solo quando il suo sguardo andò ai
suoi piedi, Bran vide che il pavimento era disseminato di piccole uova bianche
e mollicce, le larve di quel verme purulento.
L’attenzione del paladino, poi, tornò
sui tre corpi sgraziatamente adagiati sulla fredda pietra dinnanzi a lui: le
orbite vuote, la pelle bianca e floscia, e l’assenza delle budella sulle quali
il mostro dalla testa canina aveva pasteggiato, fecero capire a Bran che i tre
erano stati la cena di quel verme che ora andava svuotandosi poco più in là,
rilasciando rivoli in piena di un’oleosa sostanza giallastra.
Resistendo tenacemente ai conati di
vomito che l’assalivano, il biondo paladino riuscì a concentrarsi per lanciare
una benedizione su quei cadaveri che la morte aveva reso tanto grotteschi.
<<Una
volta usciti da questa casa degli orrori, le appiccheremo il fuoco>>
disse volgendosi verso il resto del gruppo che, conscio del suo dolore, se
n’era stato rispettosamente a guardare in silenzio.
Trattenendo a stento lacrime di
rabbia, il paladino si chiuse la porta alle spalle lasciando che i corpi di Ed,
Sandra e sua madre riposassero finalmente in pace.
Senza che nessuno glielo chiedesse,
stavolta, Nin si diresse verso l’altra porta che si apriva nella stanza
principale della casa.
<<Per
fortuna ci sono qui io>> sussurrò compiaciuto, facendo vedere agli altri tre
il filo tagliato che, dalla maniglia, passava sotto la porta. <<Chiunque
avesse tentato di entrare in quella stanza senza prima far scattare la
trappola>> aggiunse facendo tre passi indietro <<avrebbe dovuto
continuare strisciando come una lumaca>> concluse strattonando il filo.
Dall’altra parte della porta, per tutta risposta, si sentì un rumore di
ingranaggi scattare e poi una bordata tremenda. La porta fu sbalzata dai
cardini lasciando vedere il crudele marchingegno: una lama, grande e grossa,
montata su ingranaggi a molla, sarebbe saettata verso le ginocchia dell’incauto
avventore gambizzandolo senza tanti complimenti.
Riprendendo la testa del gruppo, e
dopo aver ringraziato il Mezzelfo ancora una volta, Bran lo guidò giù per la
scalinata che si inoltrava nel buio.
Carissimi e carissime, come al solito tre chicche musicali per accontentare anche l'orecchio oltre all'occhio 😈
Skillet - Awake and Alive; Metallica - Fight fire with fire; Heimdall - Hard as Iron.
Carissimi e carissime, come al solito tre chicche musicali per accontentare anche l'orecchio oltre all'occhio 😈
Skillet - Awake and Alive; Metallica - Fight fire with fire; Heimdall - Hard as Iron.
Zaffo
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