Thoris, Maestro della gilda dei paladini di Ororia, e Damien, Gran Maestro, ancora custodiscono gelosamente un segreto che getta ombre oscure sul futuro della città e del Sacro Regno tutto: la loro forza divina è messa a dura prova poiché un antico potere sta dando segni di risveglio.
Nel frattempo, Bran Llyr non può permettersi nemmeno un momento di pace: in città la malattia sta diffondendosi tra gli ignari ed innocenti abitanti del quartiere popolare che a lui si rivolgono per un aiuto. Ma dietro le quinte lavora febbrilmente ed astutamente un nemico inaspettato.
Un pericolo strisciante e segreto metterà Bran Llyr in grave pericolo di vita. Da solo, il nostro paladino dovrà cercare di contrastarlo.
2 – VICINI CARITATEVOLI
Dopo aver
ascoltato il rapporto di Bran Llyr sulla sua missione presso il villaggio di
contadini, ai piedi di uno dei setti colli che coronano Ororia, e dopo avergli
riferito i fatti accorsi durante la sua assenza, Thoris si diresse subito
presso la cappella interna del Tempio alla quale solo Paladini e Chierici avevano
accesso.
Stringendo a
se il medaglione a foggia di sole raggiante che, in quel momento, gli pesava
più del dovuto tanto da opprimergli il petto e rendergli faticoso lo stesso
respirare, il Maestro della Gilda dei Paladini di Ororia si inginocchiò sui
gradini antistanti l’alta statua argentata di Orus. Lì, immobile ed immerso
nella preghiera, stette un paio d’ore fino a quando, pian piano, l’opprimente
sensazione di angoscia non fu ricacciata nelle profondità del suo essere da una
rinnovata forza d’animo: Orus concesse nuovo vigore al suo paladino, rinvigorendo
nel suo cuore la scintilla divina.
f
In quelle
stesse ore, invece, il giovane Bran Llyr dopo aver aiutato Kruiff, il cuoco del
Tempio, a sparecchiare il tavolo sul quale aveva mangiato e a riordinare la
cucina, decise di fare un giro per la città così da tastare il polso di quella
che avrebbe potuto rivelarsi una nuova epidemia di una malattia, per altro,
ancora non ben identificata.
Il tempo su
Ororia era ancora bello: il sole splendeva sui bianchi edifici di pietra che,
con il loro scintillante lucore, contrastavano con un cielo scuro in
lontananza.
Di lì a
qualche giorno la stagione fredda avrebbe portato con sé pioggia e gelo.
Godendo di
quella tranquilla atmosfera immobile che solo l’inverno sa regalare, respirando
a pieni polmoni quell’aria pura e cristallina così densa di odori e profumi,
tra i quali il preferito di Bran era il piacevole sentore di legna che andava
bruciando nei caminetti delle case di Ororia, il giovane paladino si inoltrò
nelle pulite e allegre vie lastricate della città.
Ai bordi
delle strade, passanti e commercianti concludevano gli ultimi affari tra
accordi suggellati da strette di mano, vocianti trattative e lesti scambi di
prodotti e denari. Quella tranquilla fervenza ebbe l’effetto di mettere addosso
al giovane dai lunghi capelli biondi una ridente serenità: il mondo, in
quell’ora, pareva ruotare per il verso giusto, alla giusta velocità, a misura
d’uomo in qualche maniera.
Con il
sorriso a fior di labbra, Bran si accostò ad una bancarella di dolciumi e
frutta candita. Dopo aver cercato con lo sguardo ciò che voleva, il paladino
indicò al venditore una mela caramellata. La donna che stava dietro al banco,
un’Umana sulla quarantina dalla corporatura piacevolmente formosa e dal
rubicondo viso pacioccotto, quasi come quello della bambina che portava in
braccio, infilzò il dolciume con un bacchetto di legno per porgerlo gentilmente
al giovane.
Anche se era
uso tra gli abitanti di Ororia non chiedere alcun prezzo ai Paladini, Bran non
condivideva una tale consuetudine poiché, pensava, la sua ricompensa era
compiacere Orus compiendone la volontà e non ottenere chissà quali privilegi da
tale scelta di vita.
<<Se non come prezzo, accetti
queste monete di rame come dono della divina provvidenza>> le disse
appoggiando i denari sul bancone.
<<La ringrazio Bianco
Paladino>> le rispose l’altra con un leggero inchino.
<<Il lavoro di un uomo o di una
donna, se onesto come nel suo caso, va sempre ripagato adeguatamente>> le
spiegò lui ricambiando l’inchino, prima di proseguire oltre.
Gustando a
piccoli morsi una fetta di mela caramellata, Bran si avviò verso i quartieri
più periferici e più poveri di Ororia: non che tali quartieri fossero
degradati, sporchi o malfamati, anzi, solo si trattava dei quartieri in cui
abitavano le persone più umili, coloro che prestavano servizio presso le case
dei più ricchi o che per ragione di età o infermità o per altri motivi non
potevano lavorare; a questi il Tempio concedeva l’abitazione gratuita di
piccoli appartamenti disposti su più piani, già semplicemente arredati e
forniti di servizi igienici e di acqua corrente.
A quell’ora
della sera, la maggior parte degli abitanti di quella zona stava rincasando
dalle fatiche quotidiane e ad aspettarli a casa c’era, se non un pasto
abbondante, almeno qualcosa da mettere sotto i denti, un tetto ed un letto
caldo.
Tutti coloro
che Bran incrociò per strada lo salutarono con un inchino, molti gli chiesero
la cortesia di qualche cosa da mangiare ma, non avendo cibarie appresso, il
paladino li ripagò con una moneta d’argento a testa, ossia l’equivalente di una
giornata di lavoro, per i più fortunati tra loro.
Un uomo più
vecchio di lui di una decina d’anni, dalle callose mani ancora sporche di nero,
probabilmente l’aiutante di qualche artigiano, gli si avvicinò pregandolo di
seguirlo fino alla sua abitazione.
<<Mi chiamo Ed, mio Signore, e
mia moglie è malata. Nonostante stia a letto a riposo, non dà segni di
miglioramento…>> gli spiegò l’uomo dai verdi occhi lucidi.
<<Mangia abbastanza?>> gli
chiese Bran.
<<Come tutti qui… Non pasti da re,
ma qualcosa da mangiare è sempre presente a tavola… Anche grazie all’aiuto del
Tempio e di quei vicini di casa tanto caritatevoli>> si affrettò ad
aggiungere.
<<Quali vicini caritatevoli?>>
gli chiese Bran, sorpreso, non avendo mai sentito di nessuno da quelle parti
che potesse permettersi di distribuire doni alla povera gente.
<<I Malstorm>> gli rispose
l’altro indicando una casa a due piani infondo alla via.
<<Non appena avrò finito con
vostra moglie dovrò andare a fargli visita>> disse più tra se che rivolto
all’artigiano.
<<Sono sicuro che resterete
piacevolmente colpito, Bianco Paladino. I Malstorm sono una famiglia generosa e
a modo>> gli assicurò l’altro, invitandolo ad entrare in casa.
L’appartamento
si svolgeva su di un unico piano: la porta d’ingresso si apriva sulla stanza
principale che fungeva da cucina e da salotto; sul lato destro si trovavano un
solido tavolo di legno, con sei sedie, ed il caminetto sul quale, sopra uno
scoppiettante ceppo, era messa a scaldare una pentola.
<<Sono a casa!>> esclamò
l’uomo togliendosi il pastrano di lana e la sciarpa, mentre Bran si slacciava
il pesante mantello.
Dalla porta
posta poco dietro il tavolo, uscì una ragazzina che Bran stimò avere
all’incirca dieci o dodici anni.
<<Ciao, papà!>> salutò,
fermandosi un istante dopo essersi accorta del paladino. <<E benvenuto
anche a lei>> fece imbarazzata, torcendosi le rosse trecce.
<<Grazie>> le rispose Bran
sorridendo.
<<Sandra, come sta la
mamma?>> le domandò l’uomo abbracciandola affettuosamente.
<<Sempre male>> gli rispose
tristemente lei.
<<Non preoccuparti, piccola
Sandra>> fece Bran dopo aver dato il suo mantello ad Ed. <<Tra poco
tua mamma starà meglio.>>
Gli occhi
della bambina brillarono e, sul suo viso punteggiato di lentiggini, tornò il
sereno.
<<Davvero?>>
gli chiese, stentando a credere ad una così bella notizia.
<<Si, Sandra>> le rispose
il papà. <<Costui è uno dei Bianchi del Tempio, un uomo saggio e
benedetto da Orus>> le spiegò.
<<Venga avanti>> disse poi
rivolgendo a Bran un invito con il braccio.
La stanza da
letto consisteva in un ambiente un pò più piccolo della cucina: il letto
matrimoniale dei due giovani sposi era addossato ad una parete, mentre, dall’altro
lato, separato da una tenda, si trovava il letto della figlia. L’unico arredo
era costituito da un cassettone e due comodini.
La donna era
stesa a letto, bianca in volto e dagli occhi segnati dal poco sonno. Non appena
il paladino fece il suo ingresso, cercò di mettersi a sedere.
<<Stia comoda, non si
preoccupi>> le disse Bran facendole segno con la mano di rimanere ferma.
<<Sono qui per curarla, andrà tutto bene>> la rassicurò.
<<Sia lodato il cielo>> fu
il sussurrato ringraziamento della donna dai graziosi lineamenti.
Sedutosi sulla
sponda del letto, il giovane paladino si apprestò a scostare le coperte con
gentilezza.
Indossando
una smunta e logora camicia da notte, la donna, per senso di pudore, cercò di
lisciarla così da renderla più presentabile.
<<Non si preoccupi neppure di
questo, cara signora, poiché è più facile per un cavallo entrare nella cruna di
un ago che per un ricco nel bianco Regno di Orus>> la rassicurò ancora
una volta.
Poi, con il
sorriso ancora stampato sulle rosse labbra, il paladino chiuse gli occhi per
far affluire la magia divina dal suo cuore alle sue mani le quali, pian piano,
iniziarono a brillare di una soffusa luce calda e morbida. Non appena la
luminosità smise di vibrare per acquistare stabilità, impose le sue mani sul
petto della donna la quale, non osando muovere un solo muscolo, si sentì invasa
da un forte calore vivifico.
Stranamente,
Bran dovette rimanere lì immobile per più del tempo del dovuto e, iniziando a
sudare, fu costretto ad aumentare il ritmo ed il volume della sua preghiera.
Un quarto
d’ora dopo, affaticato ed in cuor suo preoccupato, poté finalmente ritrarre le
mani dalla donna ora caduta in un sonno ristoratore. Portandosi il dito indice
alle labbra, in segno di silenzio, Bran si apprestò a far uscire Ed e Sandra
dalla stanza da letto, seguendoli dappresso.
<<E’ guarita?>> gli chiese
subito la bambina, impaziente.
<<Si, piccola, tua mamma ora sta
solo dormendo un sonno che l’aiuterà a recuperare le forze>> le rispose
mettendosi a sedere.
<<Non so come
ringraziarla!>> esclamò Ed inchinandosi profondamente. <<Tenga
queste>> aggiunse poi porgendogli due pezzi d’oro. <<E’ tutto ciò
di cui dispongo.>>
<<Sia mai, buon Ed>>
rifiutò Bran con gentilezza ma in modo fermo ed irrevocabile.
<<State allora a cena da
noi>> gli propose l’altro. <<Sandra è una buona cuoca, vero
tesoro?>> disse rivolgendosi alla bambina.
<<Sì, papà>> confermò lei.
<<La mamma mi ha insegnato a cucinare.>>
<<Non
sentitevi obbligati in alcun modo, ho solo adempiuto il mio dovere nel nome di
Nostro Signore Orus. Anzi, l’indomani recatevi pure al Tempio per la
distribuzione di viveri e generi di prima necessità, e dite che Bran Llyr vi
manda con la benedizione del Bianco Signore.>>
<<Come ordinate, Bianco
Bran>> rispose Ed, felice.
<<Vi chiedo solo una
cortesia>> continuò il paladino.
<<Tutto ciò che
desiderate>> lo interruppe l’uomo.
<<Avete forse accettato del cibo
da questi Malstorm?>>
<<Sì. Giusto un paio di giorni fa
mia moglie è arrivata a casa con un pò di frutta, del pane al sesamo e qualche
verdura>> gli rispose l’altro.
<<Posso vedere il cibo in
questione?>> gli chiese Bran.
<<Certo.>>
Ed gli
mostrò il pane e le verdure che aveva riposto nella credenza.
<<E la frutta?>>
<<L’abbiamo lasciata a mia
moglie… Sapendo quanto le piacciono le mele rosse, ed essendo l’altro ieri il
suo compleanno, Sandra ed io abbiamo pensato di farle un regalo>> gli
rispose Ed.
<<Capisco…>> disse l’altro,
diventando pensieroso. <<Dovrei tenermi questi>> aggiunse
prendendosi un pezzo di pane ed una carota per riporli in un borsello appeso
alla sua cintura. <<Nel frattempo vi consiglio di non mangiarne, potrebbe
trattarsi di cibo andato a male anche se non sembra dall’aspetto>> gli
spiegò.
<<C’è qualcosa che non va, Bianco
Bran?>> lo incalzò Ed stentando a capire.
<<Solo un sospetto cui già domani
avrò risposta. Niente di particolare>> li rassicurò. <<Solo, per
precauzione, evitate di consumare i cibi dei Malstorm finché non saranno
dichiarati sicuri dal Tempio>> concluse il paladino allacciandosi il
pesante mantello. <<Ora devo lasciarvi, altri compiti mi chiamano>>
salutò infine dirigendosi verso l’uscita.
<<Ancora mille grazie di tutto
cuore>> gli rispose Ed precedendolo ed aprendogli la porta.
<<Che lo splendore di Orus scenda
su di voi>> recitò il biondo Bran mentre il freddo vento invernale gli
scompigliava i capelli.
<<E su di voi>> gli augurò
l’uomo con il sorriso a fior di labbra.
f
Uscito dalla
casa della bella famigliola, Bran si diresse con passo svelto verso l’edificio
a due piani infondo alla via lastricata: le imposte erano chiuse, come quelle
di tutte le case in quella stagione e a quell’ora ma, a differenza che dalle
altre case, nessuna luce filtrava a testimoniare che là vivesse qualcuno.
Apprestatosi
a bussare alla porta di legno verniciata, il paladino notò il biglietto che vi
era appeso: “Casa Malstorm. Opere di carità”
Nessuno
venne ad aprire, così decise di bussare un’altra volta, con più forza. Dopo
alcuni istanti, a dargli il benvenuto si affacciò una donna, non più giovane,
avvolta in un lanoso scialle nero.
<<Qual buon vento porta un Bianco
del Tempio a bussare alla nostra caritatevole porta?>> gli chiese la
padrona di casa, una signora sui cinquanta e dagli stinti capelli raccolti
sulla nuca.
<<E’ arrivata alle mie orecchie
la notizia che voi ed i vostri familiari siete impegnati nella distribuzione di
viveri e generi di prima necessità tra i poveri di Ororia>> esordì il
giovane.
<<Si, certo, e ne siamo fieri ed
onorati. Voglia il Bianco Signore concederci la sua grazia per questo>>
replicò la donna sfoggiando un ampio sorriso, colmo di benevolenza, che metteva
in mostra dei denti sorprendentemente ancora bianchi e regolari.
<<Volevo portare la mia
approvazione e quella del Tempio per il vostro servizio alla cittadinanza. E,
se fosse possibile, vorrei tenere una discussione sui modi in cui sia possibile
coordinare i nostri comuni sforzi per il bene di Ororia.>>
A Bran, le
parole uscirono da sole, senza che le avesse pensate davvero… Una dote, quella
della diplomazia, che non pensava potesse essergli un giorno così utile poiché
secondo il suo pensiero asserire la verità in maniera diretta, nuda e cruda,
era sempre la miglior cosa da farsi; quella sera, però, dovette ricredersi.
<<Oh, mi spiace, ma mio marito e
mio figlio non rincaseranno prima di due giorni>> gli spiegò lei,
mostrandosi dispiaciuta. <<Sono partiti alcuni giorni fa per una raccolta
di beneficenza a favore dei poveri di questa città e, con l’approvazione di
Orus, torneranno con il carro pieno di doni per i più poveri>> si
affrettò ad aggiungere.
<<Davvero encomiabile>> si
complimentò il paladino producendosi in un leggero inchino.
<<Sia mai che un Paladino debba
inchinarsi dinnanzi ad una semplice vecchia che cerca solo di fare del bene,
nei limiti delle sue poche possibilità>> replicò lei, gentilmente,
ricambiando il gesto.
<<Dinnanzi a tal genere di esempi
non posso fare altro che onorarvi>> le rispose Bran. <<Potrei
almeno entrare per benedire la vostra casa? Una benedizione nel nome di Orus
non può di certo essere rifiutata.>>
Stupito di
se stesso, Bran fu contento di essere riuscito a colpire nel segno.
<<Certo, certo>> convenne
la donna. <<E’ un vero onore quello che mi concede>> gli disse
facendosi da parte per lasciarlo entrare.
L’interno
non era molto diverso da quello della casa precedente, ma la scarsissima
illuminazione gli conferiva un che di lugubre. La disposizione delle stanze era
identica, e ciò che cambiava era solo il mobilio: bancali di legno ricolmi di
ogni genere alimentare, vestiti e scarpe, coperte ed ampolle di quelli che Bran
giudicò essere medicinali.
Non appena
fu dentro, il giovane avvertì un debole scricchiolio e, con la coda
dell’occhio, gli sembrò di vedere una porta chiudersi.
<<Cos’e stato?>> chiese
sospettoso.
<<Oh, niente, solo il cane… Non
va molto d’accordo con gli estranei>> gli spiegò la donna fissandolo
negli occhi.
Un brivido
scorse lungo la sua schiena, come se una strana malizia strisciante lo stesse
avvinghiando.
Stringendo
con la mano destra il medaglione di Orus, Bran si riebbe.
<<La prego, Bianco Paladino,
benedica la mia umile dimora nel nome di Orus>> lo invitò lei; ma dalla
sua bocca il nome della Divinità uscì, questa volta, con un suono strozzato.
Potendo
percepire la malizia che in quella casa dimorava, Bran si affrettò a concludere
la visita.
<<Oh no!>> esclamò,
cercando di essere quanto più convincente possibile. <<Credo proprio di
essermi scordato l’aspersorio>> si giustificò frugando nel borsello
appeso alla sua cintura.
<<Fa niente>> gli rispose
la donna. <<Sarà per domani>> aggiunse sorridendogli.
Agli occhi
del paladino, però, quel sorriso sembrò più un ghigno e, al posto dei bei denti
bianchi e regolari, a Bran sembrò di scorgere delle fauci tra cui i canini
sporgevano appuntiti.
<<Senza dubbio>> le
assicurò lui. <<Solo un’ultima cosa ho da chiederle>> aggiunse
posando la mano sul pomo della spada. <<Gradirei molto poter assaporare
una di quelle mele rosse. Sembrano così buone…>>
La risposta
dell’altra, anche se gentile, fu accompagnata da un’occhiata sospetta.
<<Eccola a voi, qualsiasi cosa
per una persona del vostro Ordine.>>
Presala in
mano, Bran la ripose nel solito borsello.
<<A domani, allora>> tagliò
corto il paladino affrettandosi ad uscire senza nemmeno aspettare che fosse la
padrona di casa ad aprirgli.
f
Allontanatosi
dalla casa dei Malstorm, Bran si fermò a rifiatare e riflettere sugli indizi
che aveva raccolto…
Dopo
essersi guardato indietro, riprese a camminare perdendosi nei suoi pensieri.
E’ possibile
che qualcuno ad Ororia agisca per diffondere una malattia? A quale scopo? Si
chiese incrociando le braccia… Certo, ad Ororia i nemici non mancano, ma
essi premono solo ai confini del Sacro Regno e non un barbaro delle Terre
Selvagge posa il suo piede sul suolo governato da Re Julius di Kaesar da almeno
una ventina d’anni, si disse.
La possibilità che qualche barbaro abbia pagato qualcuno per perpetrare tali
azioni è fuori discussione, poiché gli abitanti delle Terre Selvagge non
conoscono altro mezzo di pagamento se non il baratto, inoltre, nessuna delle
migliaia di piccole tribù barbariche è ancora riuscita ad ammassare un qualche
tipo di tesoro…Certo, vi è la concreta possibilità che la malattia si diffonda
per il tramite di quelle mele rosse, così buone a vedersi ma, probabilmente,
avvelenate o in qualche altro modo incantate. Non è un caso se solo la moglie
di Ed, e non anche lui o la piccola Sandra, ha contratto quella forma di
estremo malessere che, tra le altre cose, è talmente difficile da
combattere da richiedere un’ingente quantità di energia divina.
Quei canini…
Il cane…
Il filo dei
suoi pensieri fu interrotto dal rumore di legno spezzato.
Girando lo
sguardo per vedere cosa fosse successo alle sue spalle, Bran vide un paio di
cassette di legno rotolare fuori dell’angolo di una stradina che, poco più
indietro, intersecava la via principale che stava percorrendo.
Un ringhio e
poi un abbaiare rabbioso, dall’altro lato, si diffusero nell’aria facendo
voltare ancora una volta il paladino il quale, senza avere il tempo di
rendersene conto, si trovò un artiglio conficcato nello stomaco.
Dinnanzi al
giovane Bran, con verdi ali membranose, stava lo stesso Imp che il piccolo Tim
gli aveva descritto come un uccellaccio: i suoi arti erano magri e lunghi con
mani e piedi sproporzionati rispetto al resto del piccolo corpo verdastro e
dalla pelle raggrinzita. Enorme, inoltre, era anche la testa completamente
glabra. La creatura demoniaca grugnì, mostrando due file di aguzzi denti neri e
triangolari tra i quali guizzava la verde lingua appuntita.
Solo la
prontezza di spirito del paladino gli permise di sottrarsi al morso dell’Imp
dalla bocca colante verde acido, fortemente corrosivo e velenoso; afferrandogli
la mano, ghiacciata al tocco, si estrasse l’artiglio dal ventre: il veleno
sarebbe entrato in circolo nel giro di pochi minuti provocandogli giramenti di
testa, difficoltà motorie ed annebbiamento della vista; se Bran non fosse stato
curato nel giro di poche ore, vista la gran quantità di acido iniettatogli,
sarebbe morto tra atroci contorsioni.
Cercando di
non pensare a niente che non fosse l’immediato, Bran provò a sbattere a terra
la creatura la quale però, prima di toccare il suolo, si levò nuovamente in
aria, per scendere poi in picchiata, attaccando di nuovo.
Il giovane
paladino non riuscì a fare altro che gettarsi a terra, evitando il colpo.
Tiratosi in piedi con una certa difficoltà, estrasse lo spadone e, cercando di
rimanere presente a se stesso, mirò al demone alato il quale, però, con
un’agilità felina, schivò il fendente contrattaccando con una velocità
sorprendente: la coda uncinata dell’Imp aprì una lunga ferita sulla spalla di
Bran al quale, sempre di più, lo spadone pesava… Segno dell’inizio dell’effetto
del veleno.
Lasciando
cadere lo spadone, Bran estrasse la spada appena in tempo per bloccare una
zampata del mostro. Faticando a rimanere in piedi, cacciando un urlo possente
che ebbe l’effetto di scacciare la paura dal suo cuore e di intimorire la
malvagia creatura, Bran abbatté il filo della sua arma su un’ala del mostro, il
quale rotolò non molto distante dal paladino che, a sua volta, si afflosciò sul
lastricato.
Spronato
dalla promessa di una facile preda, l’Imp si gettò con una foga selvaggia sul
nemico, sfoderando la sua letale dentatura ma, non appena fu su Bran, questo
ebbe ancora le forze di porre resistenza cingendo con le mani il muso del
mostro.
Bran poteva
sentire il fetido alito del suo nemico mentre gocce di velenoso acido cadevano
sul lastricato, a pochi centimetri dalla sua faccia, creando piccoli crateri
brucianti. Affidandosi ad Orus, facendo bruciare la sua scintilla divina come
non mai, il paladino rivolse una supplica al suo Dio il quale, appena in tempo
per salvare la vita del suo adepto, rispose.
<<Ti invoco Orus>> recitò
Bran, con gran voce. <<Concedimi di punire il male nel tuo nome!>>
Per magia,
una linea dorata disegnò il profilo del suo corpo che, risplendendo, accecò
l’Imp, il quale si produsse in un urlo stridulo e sincopato. Scalciando per
sottrarsi alla stretta del paladino, trasformato da predatore in preda, il
demone si dimenò come un tarantolato.
Mentre la
potenza di Orus montava in Bran, la sua stretta sulle fauci del mostro si fece
possente e sotto le sue mani poté sentire scricchiolare le ossa del suo nemico,
cedendo di botto per frantumarsi in mille pezzi.
L’Imp, a
quel punto, non poté nemmeno urlare il suo dolore e la sua rabbia, poiché le
mani dell’altro non gli consentivano di aprire bocca. La sua sofferenza fu di
breve durata: le mani del paladino divennero brucianti sulla sua pelle che,
centimetro dopo centimetro, inesorabilmente, fu avvolta dalle fiamme della
giustizia. Del demone, alla fine, non rimase che lo scheletro.
f
La vecchia
Malstorm, che da dietro un angolo aveva assistito a tutto, sgattaiolò fuori del
suo nascondiglio.
<<Sarà un piacere porre fine alla
vita di questo maledetto ficcanaso>> si disse estraendo un nero pugnale
ricurvo della grandezza di un coltello da macellaio.
<<Nel nome della Signora
dell’Abisso!>> esclamò assaporando il piacere di una tale uccisione.
Sennonché, la
curiosità della gente che da dentro le loro case aveva sentito un terribile
frastuono, ebbe la meglio sulla paura. Dalle case che costeggiavano la via
sciamò un nugolo di persone che, visto il paladino a terra, accorse verso il
corpo immobile.
Lo scheletro
dell’Imp, nel frattempo, si dissolse come neve al sole senza lasciare tracce.
<<Signora Malstorm!>> gridò
uno avvicinandosi.
Rodendosi
dalla rabbia, la donna fu costretta a rinfoderare l’arma e sfoggiare un viso il
più possibile triste e preoccupato.
<<Sembra ferito>> disse
portandosi le mani ai capelli, rivolta all’uomo che l’aveva chiamata.
Presto altri
uomini affollarono il luogo del misfatto. Uno di questi prese la signora
Malstorm sottobraccio.
<<Non è cosa che una signora
debba vedere>> le disse con gentilezza.
<<Grazie mio caro>> gli
rispose lei, fingendosi sollevata ma pensando, in realtà, di maledirli tutti.
f
Tra le persone
che stavano accorrendo vi era anche Ed.
<<Sandra!>> chiamò l’uomo.
<<Tu resta qui con la mamma, io devo andare a dare una mano a quel
Paladino che è stato qui poco fa ad aiutarci.>>
<<Si papà, va bene>>
rispose la ragazzina stringendosi i vestiti addosso per ripararsi dal freddo
che era entrato dalla porta di casa. <<Torna presto>> lo pregò poi,
preoccupata.
<<Tranquilla piccola mia, si
tratta solo di aiutare a portarlo al Tempio. Se hai paura, puoi chiedere una
gentilezza alla signora Malstorm; chiedile di farvi compagnia finché non sarò
di ritorno, anche lei è sola e penso che accetterà volentieri>> le
consigliò accarezzandola.
<<Si, va bene, farò così>>
le rispose lei, ora più tranquilla.
Ed, di
corsa, uscì di casa per tornare sul luogo del misfatto.
Nel
frattempo, Bran era già stato sistemato su di una rudimentale portantina di
stracci, e ad Ed non restò che fare da quarto barelliere. Un quinto uomo,
invece, mentre gli altri rincasavano dalle loro famiglie, corse verso il Tempio
per dare l’infausta notizia.
Ed
e gli altri, circa a metà strada, incontrarono un gruppo di tre paladini che,
avvertiti della caduta del loro compagno, si erano precipitati verso il luogo
dell’accadimento. Tra questi vi era un Damien dai duri lineamenti contratti in
una smorfia di dolore e preoccupazione.
<<Appoggiatelo a terra>>
ordinò il GranMaestro della Gilda ad Ed e agli altri tre portantini i quali,
immediatamente, obbedirono. <<Qualcuno sa dirmi cos’è successo a
Bran?>> chiese chinandosi sul corpo del giovane paladino.
<<Nessuno, Bianco Signore>>
gli rispose Ed. <<Quando siamo usciti, giaceva già a terra in queste
condizioni>> continuò; gli altri confermarono la sua versione.
<<Capisco>> rispose Damien
tastando il collo del giovane dai lunghi capelli biondi. <<E’ ancora
vivo, anche se il battito è debole…>> così dicendo, il GranMaestro si
sfilò dal collo il medaglione di Orus e, appoggiatolo sul petto del suo
paladino, si concentrò per lanciare un incantesimo che neutralizzasse il veleno
che scorreva abbondante nelle vene di quest’ultimo. Il chiarore salvifico si
trasmise dalle sue mani al medaglione per diffondersi poi sul corpo di Bran con
una lentezza infinita: il veleno, infatti, aveva intaccato ogni fibra del corpo
del giovane e rimuoverlo risultò un’operazione molto lunga e faticosa anche per
il potente Damien.
<<Ora è fuori pericolo di vita,
se non altro>> dichiarò uno spossato GranMaestro, per il sollievo di
tutti. <<Portatelo al Tempio dove vi aspetterà una congrua ricompensa per
il vostro gradito servizio. Grazie di cuore a tutti voi>> disse, per poi
congedarsi con un inchino.
<<Scortateli fino a
destinazione>> ordinò poi agli altri due paladini che lo avevano
accompagnato.
Bran fu
condotto nella sua stanza laddove un paio di chierici, che alloggiavano nel
Tempio, si presero cura di lui.
I due
guaritori lo spogliarono e gli ripulirono le ferite cosicché non si
infettassero e, dopo averlo bendato, gli praticarono alcuni incantesimi di
guarigione che aiutarono il suo corpo a rimarginarsi e ad assorbire il veleno
inoculatogli dal demone alato.
Solo un paio
d’ore più tardi i due lasciarono la stanza da letto del giovane paladino.
f
Dopo una
cena consumata in silenzio, e dopo aver assistito alle funzioni serali, Thoris
e Damien poterono ritirarsi nella Sala del Bianco Scranno per discutere del
sinistro evento.
<<Chi mai in città potrebbe
volere la morte di un Paladino?>> si interrogò il GranMaestro.
<<Con tutti i nemici al di là dei
confini del Sacro Regno, non vedo proprio chi!>> gli rispose Thoris
mettendosi le mani tra i lunghi capelli castani. <<Dobbiamo dunque
dedurre di avere un nuovo nemico?>> continuò poi, alzando lo sguardo in
direzione dell’altro.
<<Suppongo che non ci siano altre
spiegazioni, caro Thoris. Solo mi chiedo come possa un nemico essersi
infiltrato ad Ororia passando inosservato!>> esclamò incredulo.
<<Penso che Bran possa darci le
risposte>> sentenziò Thoris.
<<Lo penso anche io>>
concordò l’altro paladino. <<Se il nemico voleva la sua morte è perché
aveva scoperto qualcosa, su questo non ci piove.>>
<<Spero solo che il nemico che ci
troveremo a combattere non abbia a che fare con la Nera Gemella…>>
aggiunse Thoris, cupo.
<<Il mio cuore mi dice il
contrario, purtroppo. Il fatto che il medaglione che porti al collo abbia
iniziato a pulsare di energia negativa è un indizio in quel senso…>>
asserì Damien incrociando le braccia. <<A proposito, come ti
senti?>> gli chiese.
<<Grazie alle preghiere, non
troppo male. La fede mi sostiene e la scintilla divina è ogni giorno rinvigorita
dalla potenza che Orus ha la grazia di concedermi>> lo rassicurò.
<<Ma sento anche che il giorno fatidico sta avvicinandosi rapidamente,
spero solo che l’inganno funzioni.>>
<<Funzionerà, caro Thoris,
funzionerà. Il medaglione è al sicuro tra le tue mani più di quanto sarebbe
nelle mie>> gli rispose Damien fissandolo dritto negli occhi,
conferendogli forza e determinazione. <<Per il resto, amico mio, dobbiamo
solo attendere il risveglio del buon Bran, e forse i nostri dubbi saranno
fugati.>>Come di consueto, miei cari lettori e ancor più care lettrici, vi consiglio di ascoltare qualche brano per accompagnare la lettura di questo nuovo capitolo del mio romanzo fantasy: Virgin Steele - A whisper of death; Saxon - Power and the glory; Peter Crowley - The Lord of Abyss.
Leggete, condividete e collezionate tutti i capitoli di Bran il Paladino: attacco al Tempio!
Zaffo
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