A tutt* buona domenica 👿 (vedi titolo del post).
Torno a postare un capitolo tratto dal mio primo romanzo epic fantasy "Bran il Paladino: attacco al Tempio" dopo esser tornato dalle tanto agogniate vacanze: quest'anno Portogallo, che consiglio caldamente a tutt* amanti sia della vita da spiaggia (Foto spiaggia Cascais) che delle visite anche a sfondo medievale e templare (Quinta da Regaleira).
Spiaggia di Cascais |
Quinta da Regaleira - Pozzo iniziatico con croce templare sul fondo |
Ebbene, non poteva esserci capitolo più adeguato in quanto, con una ventata horror, vedremo il Maestro Thoris affrontare una malvagia entità, un demone o demonio che dir si voglia, che è riuscita ad impossessarsi dell'anima e del corpo del Gran Maestro Damien il quale, ora, si trova rinchiuso presso il "Recinto dei dannati", luogo misterioso con alle spalle un passato oscuro.
Tempo di lettura: 10 min
11 - ESORCISMO
Il sole
spuntò pallido e velato su Ororia.
La pioggia,
che battente ed incessante era scesa per tutta la notte, ora andava evaporando
in una leggera nebbiolina che donava alla città un aspetto ed una quiete
irreali.
Thoris, il
cui sonno non fu tranquillo né sereno, si svegliò sudato e con il fiato corto,
in preda ad un senso d’angoscia senza nome.
Il Sanatorio,
in cui ora il Maestro della Gilda dei Paladini di Ororia si trovava, consisteva
in un’ampia sala dove il bianco prevaleva su qualsiasi altro colore, ad
eccezione del verde delle molte piante sistemate qua e là. I numerosi letti
dalle testiere in ferro battuto erano disposti ordinatamente su cinque file,
occupando la maggior parte dello stanzone sul cui lato destro, dietro una
pesante tenda bianca ora scostata, si apriva un piccolo ambulatorio attrezzato
di alambicchi alchemici e strumenti medici.
Solo quando,
con gran fatica, il paladino dai lunghi capelli castani riuscì a scostare le
coltri sotto le quali era stato coricato, iniziò a ricordare e a capire… Il
simbolo di Orus, il medaglione a forma di sole raggiante, pulsava sul suo petto
di una lieve luminosità intermittente.
<<La colazione è tra
un’ora.>>
A quelle
parole, Thoris, colto di sorpresa, si tirò le coperte fino al collo sperando
che chi aveva parlato non si fosse accorto di niente.
<<Approfittane per riposare
ancora un pò>> gli ingiunse una chierica, avvicinandosi per tastargli la
fronte con il palmo della mano. <<Sembra che la febbre sia calata, è un
buon segno>> disse sorridendogli.
Ancora
intontito, il paladino si limitò ad annuire leggermente con la testa per poi
girarsi sul fianco onde tentare di riprendere sonno senza però riuscirci, tanta
era la sua irrequietezza.
Dopo una
sostanziosa colazione a base di focacce, marmellata e miele, frutta secca e
mela, il tutto accompagnato da una fumante scodella di latte macchiato con
caffè d’orzo, a Thoris, così come agli altri degenti, fu concesso di lavarsi e
cambiarsi d’abito in tutta tranquillità.
La giornata,
nella Sala del Sanatorio, trascorse in una lenta e noiosa monotonia spezzata
solo da qualche breve rasserenata del tempo che consentì a Thoris, e a pochi
altri in grado di reggersi in piedi, di passeggiare per qualche tempo nel
giardino pensile antistante dal quale si godeva di una bella vista sulla città,
disturbata solo dall’inquietante presenza della dorata barriera magica al cui
interno, anche da molta distanza, era possibile scorgere ombre in continuo
movimento.
f
Solo verso
metà pomeriggio del giorno seguente, il biondo Bran ebbe accesso al Sanatorio.
<<Maestro! Che piacere vederla
sano e salvo!>>
<<Se tu sei riuscito a
sopravvivere alla battaglia, come hai potuto pensare anche solo per un istante
che il tuo Maestro non ce l’avrebbe fatta?>> gli rispose l’altro cercando
di mostrare un buon umore che, invece, gli mancava.
<<Ma a quanto vedo ne sono uscito
meglio io… Che l’allievo abbia superato il Maestro?>> fu l’affettuosa
frecciatina di Bran. <<A parte gli scherzi, come si sente?>>
continuò, piantando gli occhi azzurri in quelli nocciola del compagno di
battaglia.
<<Se devo essere sincero… Uno
straccio.>>
<<Con tutti quegli scheletri è
già un miracolo di Orus che ne siate usciti vivo>> costatò Bran
passandosi la mano tra il lunghi capelli biondi che gli erano scesi davanti
agli occhi.
<<Quel che importa>> fece
Thoris tornando a sdraiarsi <<è che il sigillo sia stato apposto con
successo, anche se la sua efficacia nel tempo è tutta da vedere>>
concluse portandosi istintivamente la mano al petto.
<<Petrus è il più potente
Chierico che io conosca>> rispose Bran cercando di infondergli ottimismo <<e
non nutro dubbi sulla potenza dei suoi incantesimi.>>
<<In ogni caso, mio caro Bran,
dobbiamo muoverci in fretta se non vogliamo essere sopraffatti dal
nemico…>> disse pensieroso.
<<Appunto Maestro… Chi è il
nostro nemico? Perché ha deciso di attaccarci e, soprattutto, com’è possibile
che sia riuscito a penetrare nel Tempio eludendo le potenti benedizioni che vi
erano apposte?>> gli chiese facendosi d’un tratto serio in volto.
<<Non posso darti le risposte che
cerchi poiché i miei sono solo sospetti, presunzioni. Dovrò al più presto
consigliarmi con Damien poiché solo la sua sapienza potrà dipanare le ombre che
ci circondano.>>
Al nome del
GranMaestro, lo sguardo di Bran si rabbuiò.
<<C’è una cosa che deve sapere;
una cosa che riguarda proprio il nostro amato GranMaestro…>>
<<Non può essere morto!>>
scattò Thoris rizzandosi a sedere. <<Respirava ancora quando l’abbiamo
portato presso questa Torre!>>
<<Forse>> sussurrò Bran
Llyr, mesto <<sarebbe stato meglio se Orus lo avesse chiamato a
sé.>>
<<Parla Bran, non girarci tanto
intorno!>> ruggì, con una punta d’ira, l’altro.
<<Ora, Damien si trova ai ceppi
rinchiuso in una cella posta sotto il pozzo della Torre.>>
<<Perché mai? Una cosa del genere
è inaccettabile! Damien trattato come il peggiore dei delinquenti… Che Orus mi
trattenga dal passare a fil di spada l’artefice di un tale affronto!>>
<<Imbraccia pure la tua arma, paladino,
e spiccami la testa dal collo poiché la responsabilità è solo mia>>
intervenne il Sommo Petrus, della cui presenza nessuno dei due si era accorto,
avanzando con passo lento e silenzioso verso Thoris.
Il bianco
sguardo di Petrus si incrociò con quello gelido di Thoris mentre Bran si faceva
prontamente da parte.
<<La mia è stata una decisione
difficile e sofferta, un fallimento cui sono andato incontro cercando di porvi
rimedio con tutte le mie forze, inutilmente… Ed Orus me ne è testimone>>
parlò il Mezzelfo con calma e risolutezza. <<La pazzia si è impossessata
della sua mente e l’ombra del suo cuore… Se non lo avessi fatto incatenare
avrebbe perpetrato una carneficina tra tutti noi, dannandosi l’anima per
sempre, ed a quel punto nessuno sarebbe rimasto a contrastare la nera orda che
trabocca al di là della barriera.>>
<<Fatemelo vedere>> chiese
Thoris, quasi sottovoce, come inebetito dalla gravità di una simile tragedia.
<<Siete troppo debole, Maestro,
ancora non siete ristabilito dalla dura battaglia>> cercò di farlo
ragionare il giovane Bran.
<<Fatemelo vedere!>> urlò
con tutto il fiato che aveva in gola. <<Fatemelo vedere>> ripeté
Thoris a voce più bassa mentre l’iniziale sgomento andava trasformandosi in
granitica determinazione.
Petrus, le
cui vesti dorate frusciarono sollevandosi, si voltò dandogli le spalle.
<<Seguimi, se è questo che
vuoi.>>
f
Il Mezzelfo,
risplendendo della magica luce da lui evocata, guidò Thoris e Bran attraverso
una serie di scale e corridoi da secoli in disuso, sempre più scuri e freddi,
che si inabissavano nelle viscere della Torre del Conclave: su quegli antichi
muri di pietra il muschio ed altre piante rampicanti, come l’edera, fornivano
il rifugio adatto ad un gran numero di ragni ed altri insetti; nessuna torcia
era appesa ad illuminare i passi di chi si fosse avventurato in quel labirinto
la cui pianta, estremamente complicata, era conosciuta solo dal Sommo Chierico
e dal suo allievo prediletto.
Nel giro di
una mezz’ora, dopo una serie infinita di svolte e curve, furono a destinazione:
un grande portone di legno massiccio rinforzato da strisce di ferro recava
l’insegna “Recinto dei dannati”.
<<Non avrei mai pensato di dover
fare ritorno in questo luogo di folle desolazione>> proferì Petrus
all’indirizzo dei paladini mentre, chiudendo gli occhi ed ingiungendo le mani
sul portone, lo apriva. <<Prima che le vere Divinità reclamassero il
dominio sul nostro mondo>> raccontò il Mezzelfo <<questa torre
reggeva l’oscuro scranno di Dilok, l’Angelo Decaduto a cagione della sua
superbia>> continuò. <<Il più bell’angelo del cielo, stanco della
sua posizione di eterno subalterno di Cardir, il Creatore, osò sfidarlo nella
più epica battaglia di tutti i tempi. Battuto, fu cacciato dal firmamento e
bandito nelle profondità dell’Abisso dove, però, poté accrescere il suo oscuro
potere. Accortosi di questo, Cardir il Creatore discese negli Inferi per
avvolgere quello che era stato il suo più bell’angelo nelle fiamme della sua
ira divina; il corpo di Dilok si disgregò in tanti frammenti quante sono le
odierne divinità… Le vere divinità volute dal Creatore per il mezzo della
punizione inflitta all’Angelo Decaduto… Le cui prigioni ed i cui laboratori, in
antichità, si trovavano proprio in queste sale.>>
f
Appena
varcarono la soglia delle prigioni, delle urla soffocate ma ugualmente
assordanti ferirono le loro orecchie.
Senza
esitazione alcuna, Thoris prese a dirigersi verso l’origine di quelle
strazianti urla demoniache: dietro le grosse sbarre di un’angusta cella vide,
incatenato ed imbavagliato, Damien.
Il corpo del
GranMaestro della Gilda dei Paladini di Ororia era storpio ed emaciato,
corrotto dalla malvagia entità che ivi dimorava: gli occhi infossati
risplendevano di riflessi scarlatti mentre dalla bocca, affollata di fauci
aguzze, saettava una nodosa lingua contorta. Il viso di Damien, una volta fiero
e dai duri lineamenti, aveva assunto una forma allungata, bestiale; un’ispida
peluria lo ricopriva quasi per intero. Dell’uomo che era stato rimaneva ben
poco.
Petrus, con
movimenti lenti e misurati nonostante lo spettacolo a dir poco raccapricciante
di un Damien in continua contorsione, aprì l’arrugginita serratura che,
stridendo, scattò.
<<Lasciateci soli, ve lo chiedo
per favore>> li pregò Thoris, fattosi cinereo in volto, stringendo il
medaglione a foggia di sole raggiante.
<<Fai ciò che devi>> gli
rispose il Sommo Petrus, laconico.
Quando
Petrus e Bran se ne furono andati, il paladino dagli occhi nocciola entrò nella
cella chiudendosi le sbarre alle spalle; nel contempo il corpo di Damien sembrò
rilassarsi mentre sul suo viso, orribilmente sfigurato in una smorfia maligna,
si aprì un sadico sorriso.
Avvicinatosi,
con un gesto deciso Thoris strappò lo straccio che la riempiva dalla bocca di
quel che era il corpo trasfigurato di Damien, permettendo al demone che lo
possedeva di proferire parola.
<<Finalmente sei arrivato, ti
stavo aspettando>> proferì Damien con una voce non propria, una voce che
sembrava venire dall’Abisso dell’oltretomba.
<<Allora non c’è più alcun
dubbio>> replicò Thoris sfilandosi l’amuleto di Orus dal collo.
<<Le mie supposizioni trovano una terribile conferma.>>
<<Lui è mio, e tra poco Ororia
sarà mia!>> gridò con disprezzo l’entità demoniaca cercando di liberare
dalla stretta dei ceppi quegli arti magrissimi e storti.
Thoris, raccolto
tutto il suo coraggio, piantò di slancio un ginocchio sul petto di Damien,
immobilizzandolo.
<<Le tue oscure arti non potranno
niente contro la potenza del Bianco Signore!>> urlò Thoris, caricando sul
ginocchio tutto il peso del suo corpo mentre premeva sulla fronte di Damien il
medaglione che, ora, spargeva una luce talmente intensa da illuminare a giorno
la cella.
<<Lascia questo corpo e tornatene
nelle tenebrose profondità dell’Abisso!>> recitò il paladino dai profondi
occhi marroni lasciando che la potenza del Bianco Signore scorresse nelle sue
vene, invadendolo.
Urla inumane
si levarono dalla gola di un Damien posseduto, in una tale vastità di tonalità
da risultare spaventose.
Il cigolare
delle catene che tenevano Damien ai ceppi si fece sempre più forte, seguito un
istante dopo da uno schiocco secco, come di rami che si spezzino: contorcendo
fino a slogare i polsi e le caviglie del corpo che la ospitava, la maligna
presenza si liberò dei ceppi assalendo il Maestro della Gilda dei Paladini con
una furia crescente.
Le unghie
della mano, divenute affilati artigli, si piantarono nella carne di Thoris che
non seppe impedire al suo nemico di afferrarlo per il collo e scaraventarlo con
forza contro la parete dall’altro lato della cella. Il colpo lo lasciò senza
fiato e lo schianto fu tale da incrinargli almeno un paio di costole… La luce
che si irradiava dal medaglione, prima accecante, si fece flebile ed
intermittente.
<<Questo corpo è mio>>
ripeté l’oscura presenza, ringhiando e digrignando i denti ora divenuti
innaturalmente lunghi ed aguzzi. <<Mio è anche il medaglione che stringi
in mano! Ridammi ciò che mi appartiene, restituiscimi la Luna Nera!>>
gridò gorgogliando.
<<Mai, maledetta!>> replicò
Thoris cercando di rimettersi in piedi e levando la propria voce chiara e
possente al di sopra delle urla demoniache.
La malvagia
entità scattò verso il paladino con l’intenzione di azzannarlo alla giugulare; dal
canto suo Thoris si difese alzando il braccio ad intercettare il morso che lo
avrebbe altrimenti ucciso. Il dolore gli diede una scossa di adrenalina
permettendogli di girare su stesso e, sfruttando l’impeto avversario,
proiettare il corpo di Damien a terra. Da quella posizione di vantaggio, il
paladino cercò di assestare un paio di pugni al volto del proprio avversario il
quale, incassato il primo ignorando qual si voglia dolore, scansò il secondo divincolandosi
dalla presa come solo un serpente avrebbe potuto fare.
Il pugno di
Thoris si abbatté sul pavimento di pietra, la mano scricchiolò dolorosamente
spandendo un boato prima che il silenzio tornasse per un istante a riempire la
cella.
Voltando lo
sguardo, il paladino vide Damien zampettare come un ragno sulla parete e poi
fin sopra il soffitto; lo sguardo demoniaco, cremisi e furioso, era fisso su di
lui. Non appena gli fu sopra si lasciò cadere afferrandolo da dietro per poi
morderlo sul collo; gli artigli si piantarono dolorosamente sulla schiena del
paladino così come le fauci sul collo.
Thoris non
fu altrettanto veloce a reagire, restò immobile con il pugno ancora appoggiato
al pavimento; al sangue che gli era uscito dalle nocche spaccate iniziò a
mescolarsi quello che ora gli colava copioso dalla schiena e dal collo.
Damien, molto
più simile ad un diavolo dalle fattezze canine che ad un essere umano, cacciò
una risata che riecheggiò nella cella per spandersi poi nei corridoio di quel
piano.
All’udire il
verso demoniaco, Bran fissò lo sguardo su un Petrus fattosi scuro in volto.
Senza scambiarsi alcuna parola, i due presero a correre verso la cella.
Le fauci di
Damien affondarono ancora una volta nelle carni di un Thoris immobile, come
pietrificato, fino a quando i rivoli di sangue non disegnarono sul pavimento un
sole dai lunghi raggi ricurvi. Fu solo allora che il Maestro della Gilda dei Paladini
riacquistò vigore.
<<Fuggi
dalla luce del Bianco! Abbi timore della sua scintilla e ritraiti dinnanzi alla
sua potenza! Fuori da questo Paladino di Orus!>> recitò Thoris, invasato,
scandendo ad una ad una le parole con voce grave e potente. Nello stesso
istante in cui Petrus e Bran fecero per aprire le sbarre della cella, il sole
disegnato dal sangue di Thoris ribollì e scintillò cremisi riflettendosi di un
rosso acceso nei suoi occhi fattisi lucenti come rubini.
In risposta all’
invocazione, apparve a terra un cerchio di candida energia divina che esplose
in una colonna scintillante per qualche istante, prima di riversarsi
sfrigolando nel medaglione che il paladino di Orus teneva nell’altra mano. L’amuleto
esplose quindi di una luce accecante che portò con sé uno spostamento d’aria
che alzò una nuvola di detriti e polvere e che costrinse Petrus e Bran a ripararsi
a terra.
Nello stesso
istante, il corpo di Damien si irrigidì in un arco contorto ed innaturale: la
schiena sembrò spezzarsi mentre si piegava all’indietro; la testa girò fin
dietro le spalle mentre braccia e gambe si piegavano in angoli innaturalmente acuti.
Le urla
demoniache raggiunsero l’apice quando la malvagia entità perse la presa su Thoris e,
come sopraffatta da una volontà superiore, si agitò a terra contorta e
scomposta mentre gli artigli tornavano ad essere unghie, le fauci dei denti e
il muso dalle sembianze canine tornava ad assumere lineamenti umani.
La luce
emanata dal medaglione prese a dissolversi gradatamente e nella cella tornò il
buio mentre il GranMaestro della Gilda dei Paladini di Ororia tornava in sé
stesso: i suoi occhi si fecero nuovamente verdi e lucidi, per chiudersi poi in
un sonno pacifico.
Solo allora
Petrus e Bran poterono rialzarsi, scrollarsi di dosso polvere e detriti, e fare
il loro ingresso nella cella dove Damien e Thoris, madidi di sudore e ricoperti
di sangue, giacevano a terra privi di conoscenza: quest’ultimo, nella mano
destra, stringeva ancora il medaglione a foggia di sole splendente tornato a
sembrare un comune ciondolo.
I consigli musicali, ormai un must, mi sovvengono facili facili questa volta; i titoli mi si sono formati in testa ancor prima di finire di scrivere l'inizio del post 😈.
Ready to rock!
Lordi - Devil is a loser (2003)
Death SS - The cannibal queen (2000)
Manowar - The demon's whip (1992)
Iron Maiden - The number of the beast (1982)
Ragazz* con questo, per oggi, è tutto... Stay Fantasy!
Zaffo
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