mercoledì 14 dicembre 2016

Bran il Paladino: attacco al Tempio - Cap. 2: vicini caritatevoli

Tempo di lettura: 15 min

Thoris, Maestro della gilda dei paladini di Ororia, e Damien, Gran Maestro, ancora custodiscono gelosamente un segreto che getta ombre oscure sul futuro della città e del Sacro Regno tutto: la loro forza divina è messa a dura prova poiché un antico potere sta dando segni di risveglio.
Nel frattempo, Bran Llyr non può permettersi nemmeno un momento di pace: in città la malattia sta diffondendosi tra gli ignari ed innocenti abitanti del quartiere popolare che a lui si rivolgono per un aiuto. Ma dietro le quinte lavora febbrilmente ed astutamente un nemico inaspettato.
Un pericolo strisciante e segreto metterà Bran Llyr in grave pericolo di vita. Da solo, il nostro paladino dovrà cercare di contrastarlo.


2 – VICINI CARITATEVOLI

Dopo aver ascoltato il rapporto di Bran Llyr sulla sua missione presso il villaggio di contadini, ai piedi di uno dei setti colli che coronano Ororia, e dopo avergli riferito i fatti accorsi durante la sua assenza, Thoris si diresse subito presso la cappella interna del Tempio alla quale solo Paladini e Chierici avevano accesso.
Stringendo a se il medaglione a foggia di sole raggiante che, in quel momento, gli pesava più del dovuto tanto da opprimergli il petto e rendergli faticoso lo stesso respirare, il Maestro della Gilda dei Paladini di Ororia si inginocchiò sui gradini antistanti l’alta statua argentata di Orus. Lì, immobile ed immerso nella preghiera, stette un paio d’ore fino a quando, pian piano, l’opprimente sensazione di angoscia non fu ricacciata nelle profondità del suo essere da una rinnovata forza d’animo: Orus concesse nuovo vigore al suo paladino, rinvigorendo nel suo cuore la scintilla divina.

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In quelle stesse ore, invece, il giovane Bran Llyr dopo aver aiutato Kruiff, il cuoco del Tempio, a sparecchiare il tavolo sul quale aveva mangiato e a riordinare la cucina, decise di fare un giro per la città così da tastare il polso di quella che avrebbe potuto rivelarsi una nuova epidemia di una malattia, per altro, ancora non ben identificata.
Il tempo su Ororia era ancora bello: il sole splendeva sui bianchi edifici di pietra che, con il loro scintillante lucore, contrastavano con un cielo scuro in lontananza.
Di lì a qualche giorno la stagione fredda avrebbe portato con sé pioggia e gelo.   
Godendo di quella tranquilla atmosfera immobile che solo l’inverno sa regalare, respirando a pieni polmoni quell’aria pura e cristallina così densa di odori e profumi, tra i quali il preferito di Bran era il piacevole sentore di legna che andava bruciando nei caminetti delle case di Ororia, il giovane paladino si inoltrò nelle pulite e allegre vie lastricate della città.
Ai bordi delle strade, passanti e commercianti concludevano gli ultimi affari tra accordi suggellati da strette di mano, vocianti trattative e lesti scambi di prodotti e denari. Quella tranquilla fervenza ebbe l’effetto di mettere addosso al giovane dai lunghi capelli biondi una ridente serenità: il mondo, in quell’ora, pareva ruotare per il verso giusto, alla giusta velocità, a misura d’uomo in qualche maniera.
Con il sorriso a fior di labbra, Bran si accostò ad una bancarella di dolciumi e frutta candita. Dopo aver cercato con lo sguardo ciò che voleva, il paladino indicò al venditore una mela caramellata. La donna che stava dietro al banco, un’Umana sulla quarantina dalla corporatura piacevolmente formosa e dal rubicondo viso pacioccotto, quasi come quello della bambina che portava in braccio, infilzò il dolciume con un bacchetto di legno per porgerlo gentilmente al giovane.
Anche se era uso tra gli abitanti di Ororia non chiedere alcun prezzo ai Paladini, Bran non condivideva una tale consuetudine poiché, pensava, la sua ricompensa era compiacere Orus compiendone la volontà e non ottenere chissà quali privilegi da tale scelta di vita.
         <<Se non come prezzo, accetti queste monete di rame come dono della divina provvidenza>> le disse appoggiando i denari sul bancone.
         <<La ringrazio Bianco Paladino>> le rispose l’altra con un leggero inchino.
         <<Il lavoro di un uomo o di una donna, se onesto come nel suo caso, va sempre ripagato adeguatamente>> le spiegò lui ricambiando l’inchino, prima di proseguire oltre.
Gustando a piccoli morsi una fetta di mela caramellata, Bran si avviò verso i quartieri più periferici e più poveri di Ororia: non che tali quartieri fossero degradati, sporchi o malfamati, anzi, solo si trattava dei quartieri in cui abitavano le persone più umili, coloro che prestavano servizio presso le case dei più ricchi o che per ragione di età o infermità o per altri motivi non potevano lavorare; a questi il Tempio concedeva l’abitazione gratuita di piccoli appartamenti disposti su più piani, già semplicemente arredati e forniti di servizi igienici e di acqua corrente.
A quell’ora della sera, la maggior parte degli abitanti di quella zona stava rincasando dalle fatiche quotidiane e ad aspettarli a casa c’era, se non un pasto abbondante, almeno qualcosa da mettere sotto i denti, un tetto ed un letto caldo.
Tutti coloro che Bran incrociò per strada lo salutarono con un inchino, molti gli chiesero la cortesia di qualche cosa da mangiare ma, non avendo cibarie appresso, il paladino li ripagò con una moneta d’argento a testa, ossia l’equivalente di una giornata di lavoro, per i più fortunati tra loro.
Un uomo più vecchio di lui di una decina d’anni, dalle callose mani ancora sporche di nero, probabilmente l’aiutante di qualche artigiano, gli si avvicinò pregandolo di seguirlo fino alla sua abitazione.
         <<Mi chiamo Ed, mio Signore, e mia moglie è malata. Nonostante stia a letto a riposo, non dà segni di miglioramento…>> gli spiegò l’uomo dai verdi occhi lucidi.
         <<Mangia abbastanza?>> gli chiese Bran.
         <<Come tutti qui… Non pasti da re, ma qualcosa da mangiare è sempre presente a tavola… Anche grazie all’aiuto del Tempio e di quei vicini di casa tanto caritatevoli>> si affrettò ad aggiungere.
         <<Quali vicini caritatevoli?>> gli chiese Bran, sorpreso, non avendo mai sentito di nessuno da quelle parti che potesse permettersi di distribuire doni alla povera gente.
         <<I Malstorm>> gli rispose l’altro indicando una casa a due piani infondo alla via.
         <<Non appena avrò finito con vostra moglie dovrò andare a fargli visita>> disse più tra se che rivolto all’artigiano.
         <<Sono sicuro che resterete piacevolmente colpito, Bianco Paladino. I Malstorm sono una famiglia generosa e a modo>> gli assicurò l’altro, invitandolo ad entrare in casa.
L’appartamento si svolgeva su di un unico piano: la porta d’ingresso si apriva sulla stanza principale che fungeva da cucina e da salotto; sul lato destro si trovavano un solido tavolo di legno, con sei sedie, ed il caminetto sul quale, sopra uno scoppiettante ceppo, era messa a scaldare una pentola.
         <<Sono a casa!>> esclamò l’uomo togliendosi il pastrano di lana e la sciarpa, mentre Bran si slacciava il pesante mantello.
Dalla porta posta poco dietro il tavolo, uscì una ragazzina che Bran stimò avere all’incirca dieci o dodici anni.
         <<Ciao, papà!>> salutò, fermandosi un istante dopo essersi accorta del paladino. <<E benvenuto anche a lei>> fece imbarazzata, torcendosi le rosse trecce.
         <<Grazie>> le rispose Bran sorridendo.
         <<Sandra, come sta la mamma?>> le domandò l’uomo abbracciandola affettuosamente.
         <<Sempre male>> gli rispose tristemente lei.
         <<Non preoccuparti, piccola Sandra>> fece Bran dopo aver dato il suo mantello ad Ed. <<Tra poco tua mamma starà meglio.>>
Gli occhi della bambina brillarono e, sul suo viso punteggiato di lentiggini, tornò il sereno.
<<Davvero?>> gli chiese, stentando a credere ad una così bella notizia.
         <<Si, Sandra>> le rispose il papà. <<Costui è uno dei Bianchi del Tempio, un uomo saggio e benedetto da Orus>> le spiegò.
         <<Venga avanti>> disse poi rivolgendo a Bran un invito con il braccio.
La stanza da letto consisteva in un ambiente un pò più piccolo della cucina: il letto matrimoniale dei due giovani sposi era addossato ad una parete, mentre, dall’altro lato, separato da una tenda, si trovava il letto della figlia. L’unico arredo era costituito da un cassettone e due comodini.
La donna era stesa a letto, bianca in volto e dagli occhi segnati dal poco sonno. Non appena il paladino fece il suo ingresso, cercò di mettersi a sedere.
         <<Stia comoda, non si preoccupi>> le disse Bran facendole segno con la mano di rimanere ferma. <<Sono qui per curarla, andrà tutto bene>> la rassicurò.
         <<Sia lodato il cielo>> fu il sussurrato ringraziamento della donna dai graziosi lineamenti.
Sedutosi sulla sponda del letto, il giovane paladino si apprestò a scostare le coperte con gentilezza.
Indossando una smunta e logora camicia da notte, la donna, per senso di pudore, cercò di lisciarla così da renderla più presentabile.
         <<Non si preoccupi neppure di questo, cara signora, poiché è più facile per un cavallo entrare nella cruna di un ago che per un ricco nel bianco Regno di Orus>> la rassicurò ancora una volta.
Poi, con il sorriso ancora stampato sulle rosse labbra, il paladino chiuse gli occhi per far affluire la magia divina dal suo cuore alle sue mani le quali, pian piano, iniziarono a brillare di una soffusa luce calda e morbida. Non appena la luminosità smise di vibrare per acquistare stabilità, impose le sue mani sul petto della donna la quale, non osando muovere un solo muscolo, si sentì invasa da un forte calore vivifico.
Stranamente, Bran dovette rimanere lì immobile per più del tempo del dovuto e, iniziando a sudare, fu costretto ad aumentare il ritmo ed il volume della sua preghiera.
Un quarto d’ora dopo, affaticato ed in cuor suo preoccupato, poté finalmente ritrarre le mani dalla donna ora caduta in un sonno ristoratore. Portandosi il dito indice alle labbra, in segno di silenzio, Bran si apprestò a far uscire Ed e Sandra dalla stanza da letto, seguendoli dappresso.
         <<E’ guarita?>> gli chiese subito la bambina, impaziente.
         <<Si, piccola, tua mamma ora sta solo dormendo un sonno che l’aiuterà a recuperare le forze>> le rispose mettendosi a sedere.
         <<Non so come ringraziarla!>> esclamò Ed inchinandosi profondamente. <<Tenga queste>> aggiunse poi porgendogli due pezzi d’oro. <<E’ tutto ciò di cui dispongo.>>
         <<Sia mai, buon Ed>> rifiutò Bran con gentilezza ma in modo fermo ed irrevocabile.
         <<State allora a cena da noi>> gli propose l’altro. <<Sandra è una buona cuoca, vero tesoro?>> disse rivolgendosi alla bambina.
         <<Sì, papà>> confermò lei. <<La mamma mi ha insegnato a cucinare.>>
<<Non sentitevi obbligati in alcun modo, ho solo adempiuto il mio dovere nel nome di Nostro Signore Orus. Anzi, l’indomani recatevi pure al Tempio per la distribuzione di viveri e generi di prima necessità, e dite che Bran Llyr vi manda con la benedizione del Bianco Signore.>>
         <<Come ordinate, Bianco Bran>> rispose Ed, felice.
         <<Vi chiedo solo una cortesia>> continuò il paladino.
         <<Tutto ciò che desiderate>> lo interruppe l’uomo.
         <<Avete forse accettato del cibo da questi Malstorm?>>
         <<Sì. Giusto un paio di giorni fa mia moglie è arrivata a casa con un pò di frutta, del pane al sesamo e qualche verdura>> gli rispose l’altro.
         <<Posso vedere il cibo in questione?>> gli chiese Bran.
         <<Certo.>>
Ed gli mostrò il pane e le verdure che aveva riposto nella credenza.
         <<E la frutta?>>
         <<L’abbiamo lasciata a mia moglie… Sapendo quanto le piacciono le mele rosse, ed essendo l’altro ieri il suo compleanno, Sandra ed io abbiamo pensato di farle un regalo>> gli rispose Ed.
         <<Capisco…>> disse l’altro, diventando pensieroso. <<Dovrei tenermi questi>> aggiunse prendendosi un pezzo di pane ed una carota per riporli in un borsello appeso alla sua cintura. <<Nel frattempo vi consiglio di non mangiarne, potrebbe trattarsi di cibo andato a male anche se non sembra dall’aspetto>> gli spiegò.
         <<C’è qualcosa che non va, Bianco Bran?>> lo incalzò Ed stentando a capire.
         <<Solo un sospetto cui già domani avrò risposta. Niente di particolare>> li rassicurò. <<Solo, per precauzione, evitate di consumare i cibi dei Malstorm finché non saranno dichiarati sicuri dal Tempio>> concluse il paladino allacciandosi il pesante mantello. <<Ora devo lasciarvi, altri compiti mi chiamano>> salutò infine dirigendosi verso l’uscita.
         <<Ancora mille grazie di tutto cuore>> gli rispose Ed precedendolo ed aprendogli la porta.
         <<Che lo splendore di Orus scenda su di voi>> recitò il biondo Bran mentre il freddo vento invernale gli scompigliava i capelli.
         <<E su di voi>> gli augurò l’uomo con il sorriso a fior di labbra.

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Uscito dalla casa della bella famigliola, Bran si diresse con passo svelto verso l’edificio a due piani infondo alla via lastricata: le imposte erano chiuse, come quelle di tutte le case in quella stagione e a quell’ora ma, a differenza che dalle altre case, nessuna luce filtrava a testimoniare che là vivesse qualcuno.
Apprestatosi a bussare alla porta di legno verniciata, il paladino notò il biglietto che vi era appeso: “Casa Malstorm. Opere di carità”
Nessuno venne ad aprire, così decise di bussare un’altra volta, con più forza. Dopo alcuni istanti, a dargli il benvenuto si affacciò una donna, non più giovane, avvolta in un lanoso scialle nero.
         <<Qual buon vento porta un Bianco del Tempio a bussare alla nostra caritatevole porta?>> gli chiese la padrona di casa, una signora sui cinquanta e dagli stinti capelli raccolti sulla nuca.
         <<E’ arrivata alle mie orecchie la notizia che voi ed i vostri familiari siete impegnati nella distribuzione di viveri e generi di prima necessità tra i poveri di Ororia>> esordì il giovane.
         <<Si, certo, e ne siamo fieri ed onorati. Voglia il Bianco Signore concederci la sua grazia per questo>> replicò la donna sfoggiando un ampio sorriso, colmo di benevolenza, che metteva in mostra dei denti sorprendentemente ancora bianchi e regolari.
         <<Volevo portare la mia approvazione e quella del Tempio per il vostro servizio alla cittadinanza. E, se fosse possibile, vorrei tenere una discussione sui modi in cui sia possibile coordinare i nostri comuni sforzi per il bene di Ororia.>>
A Bran, le parole uscirono da sole, senza che le avesse pensate davvero… Una dote, quella della diplomazia, che non pensava potesse essergli un giorno così utile poiché secondo il suo pensiero asserire la verità in maniera diretta, nuda e cruda, era sempre la miglior cosa da farsi; quella sera, però, dovette ricredersi.
         <<Oh, mi spiace, ma mio marito e mio figlio non rincaseranno prima di due giorni>> gli spiegò lei, mostrandosi dispiaciuta. <<Sono partiti alcuni giorni fa per una raccolta di beneficenza a favore dei poveri di questa città e, con l’approvazione di Orus, torneranno con il carro pieno di doni per i più poveri>> si affrettò ad aggiungere.
         <<Davvero encomiabile>> si complimentò il paladino producendosi in un leggero inchino.
         <<Sia mai che un Paladino debba inchinarsi dinnanzi ad una semplice vecchia che cerca solo di fare del bene, nei limiti delle sue poche possibilità>> replicò lei, gentilmente, ricambiando il gesto.
         <<Dinnanzi a tal genere di esempi non posso fare altro che onorarvi>> le rispose Bran. <<Potrei almeno entrare per benedire la vostra casa? Una benedizione nel nome di Orus non può di certo essere rifiutata.>>
Stupito di se stesso, Bran fu contento di essere riuscito a colpire nel segno.
         <<Certo, certo>> convenne la donna. <<E’ un vero onore quello che mi concede>> gli disse facendosi da parte per lasciarlo entrare.
L’interno non era molto diverso da quello della casa precedente, ma la scarsissima illuminazione gli conferiva un che di lugubre. La disposizione delle stanze era identica, e ciò che cambiava era solo il mobilio: bancali di legno ricolmi di ogni genere alimentare, vestiti e scarpe, coperte ed ampolle di quelli che Bran giudicò essere medicinali.
Non appena fu dentro, il giovane avvertì un debole scricchiolio e, con la coda dell’occhio, gli sembrò di vedere una porta chiudersi.
         <<Cos’e stato?>> chiese sospettoso.
         <<Oh, niente, solo il cane… Non va molto d’accordo con gli estranei>> gli spiegò la donna fissandolo negli occhi.
Un brivido scorse lungo la sua schiena, come se una strana malizia strisciante lo stesse avvinghiando.
Stringendo con la mano destra il medaglione di Orus, Bran si riebbe.
         <<La prego, Bianco Paladino, benedica la mia umile dimora nel nome di Orus>> lo invitò lei; ma dalla sua bocca il nome della Divinità uscì, questa volta, con un suono strozzato.
Potendo percepire la malizia che in quella casa dimorava, Bran si affrettò a concludere la visita.
         <<Oh no!>> esclamò, cercando di essere quanto più convincente possibile. <<Credo proprio di essermi scordato l’aspersorio>> si giustificò frugando nel borsello appeso alla sua cintura.
         <<Fa niente>> gli rispose la donna. <<Sarà per domani>> aggiunse sorridendogli.
Agli occhi del paladino, però, quel sorriso sembrò più un ghigno e, al posto dei bei denti bianchi e regolari, a Bran sembrò di scorgere delle fauci tra cui i canini sporgevano appuntiti.
         <<Senza dubbio>> le assicurò lui. <<Solo un’ultima cosa ho da chiederle>> aggiunse posando la mano sul pomo della spada. <<Gradirei molto poter assaporare una di quelle mele rosse. Sembrano così buone…>>
La risposta dell’altra, anche se gentile, fu accompagnata da un’occhiata sospetta.
         <<Eccola a voi, qualsiasi cosa per una persona del vostro Ordine.>>
Presala in mano, Bran la ripose nel solito borsello.
         <<A domani, allora>> tagliò corto il paladino affrettandosi ad uscire senza nemmeno aspettare che fosse la padrona di casa ad aprirgli.     

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Allontanatosi dalla casa dei Malstorm, Bran si fermò a rifiatare e riflettere sugli indizi che aveva raccolto…
Dopo essersi guardato indietro, riprese a camminare perdendosi nei suoi pensieri.
E’ possibile che qualcuno ad Ororia agisca per diffondere una malattia? A quale scopo? Si chiese incrociando le braccia… Certo, ad Ororia i nemici non mancano, ma essi premono solo ai confini del Sacro Regno e non un barbaro delle Terre Selvagge posa il suo piede sul suolo governato da Re Julius di Kaesar da almeno una ventina d’anni, si disse. La possibilità che qualche barbaro abbia pagato qualcuno per perpetrare tali azioni è fuori discussione, poiché gli abitanti delle Terre Selvagge non conoscono altro mezzo di pagamento se non il baratto, inoltre, nessuna delle migliaia di piccole tribù barbariche è ancora riuscita ad ammassare un qualche tipo di tesoro…Certo, vi è la concreta possibilità che la malattia si diffonda per il tramite di quelle mele rosse, così buone a vedersi ma, probabilmente, avvelenate o in qualche altro modo incantate. Non è un caso se solo la moglie di Ed, e non anche lui o la piccola Sandra, ha contratto quella forma di estremo malessere che, tra le altre cose, è talmente difficile da combattere da richiedere un’ingente quantità di energia divina.
Quei canini… Il cane…
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dal rumore di legno spezzato.
Girando lo sguardo per vedere cosa fosse successo alle sue spalle, Bran vide un paio di cassette di legno rotolare fuori dell’angolo di una stradina che, poco più indietro, intersecava la via principale che stava percorrendo.
Un ringhio e poi un abbaiare rabbioso, dall’altro lato, si diffusero nell’aria facendo voltare ancora una volta il paladino il quale, senza avere il tempo di rendersene conto, si trovò un artiglio conficcato nello stomaco.
Dinnanzi al giovane Bran, con verdi ali membranose, stava lo stesso Imp che il piccolo Tim gli aveva descritto come un uccellaccio: i suoi arti erano magri e lunghi con mani e piedi sproporzionati rispetto al resto del piccolo corpo verdastro e dalla pelle raggrinzita. Enorme, inoltre, era anche la testa completamente glabra. La creatura demoniaca grugnì, mostrando due file di aguzzi denti neri e triangolari tra i quali guizzava la verde lingua appuntita.
Solo la prontezza di spirito del paladino gli permise di sottrarsi al morso dell’Imp dalla bocca colante verde acido, fortemente corrosivo e velenoso; afferrandogli la mano, ghiacciata al tocco, si estrasse l’artiglio dal ventre: il veleno sarebbe entrato in circolo nel giro di pochi minuti provocandogli giramenti di testa, difficoltà motorie ed annebbiamento della vista; se Bran non fosse stato curato nel giro di poche ore, vista la gran quantità di acido iniettatogli, sarebbe morto tra atroci contorsioni.
Cercando di non pensare a niente che non fosse l’immediato, Bran provò a sbattere a terra la creatura la quale però, prima di toccare il suolo, si levò nuovamente in aria, per scendere poi in picchiata, attaccando di nuovo.
Il giovane paladino non riuscì a fare altro che gettarsi a terra, evitando il colpo. Tiratosi in piedi con una certa difficoltà, estrasse lo spadone e, cercando di rimanere presente a se stesso, mirò al demone alato il quale, però, con un’agilità felina, schivò il fendente contrattaccando con una velocità sorprendente: la coda uncinata dell’Imp aprì una lunga ferita sulla spalla di Bran al quale, sempre di più, lo spadone pesava… Segno dell’inizio dell’effetto del veleno.
Lasciando cadere lo spadone, Bran estrasse la spada appena in tempo per bloccare una zampata del mostro. Faticando a rimanere in piedi, cacciando un urlo possente che ebbe l’effetto di scacciare la paura dal suo cuore e di intimorire la malvagia creatura, Bran abbatté il filo della sua arma su un’ala del mostro, il quale rotolò non molto distante dal paladino che, a sua volta, si afflosciò sul lastricato.
Spronato dalla promessa di una facile preda, l’Imp si gettò con una foga selvaggia sul nemico, sfoderando la sua letale dentatura ma, non appena fu su Bran, questo ebbe ancora le forze di porre resistenza cingendo con le mani il muso del mostro.
Bran poteva sentire il fetido alito del suo nemico mentre gocce di velenoso acido cadevano sul lastricato, a pochi centimetri dalla sua faccia, creando piccoli crateri brucianti. Affidandosi ad Orus, facendo bruciare la sua scintilla divina come non mai, il paladino rivolse una supplica al suo Dio il quale, appena in tempo per salvare la vita del suo adepto, rispose.
         <<Ti invoco Orus>> recitò Bran, con gran voce. <<Concedimi di punire il male nel tuo nome!>>
Per magia, una linea dorata disegnò il profilo del suo corpo che, risplendendo, accecò l’Imp, il quale si produsse in un urlo stridulo e sincopato. Scalciando per sottrarsi alla stretta del paladino, trasformato da predatore in preda, il demone si dimenò come un tarantolato.
Mentre la potenza di Orus montava in Bran, la sua stretta sulle fauci del mostro si fece possente e sotto le sue mani poté sentire scricchiolare le ossa del suo nemico, cedendo di botto per frantumarsi in mille pezzi.
L’Imp, a quel punto, non poté nemmeno urlare il suo dolore e la sua rabbia, poiché le mani dell’altro non gli consentivano di aprire bocca. La sua sofferenza fu di breve durata: le mani del paladino divennero brucianti sulla sua pelle che, centimetro dopo centimetro, inesorabilmente, fu avvolta dalle fiamme della giustizia. Del demone, alla fine, non rimase che lo scheletro.

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La vecchia Malstorm, che da dietro un angolo aveva assistito a tutto, sgattaiolò fuori del suo nascondiglio.
         <<Sarà un piacere porre fine alla vita di questo maledetto ficcanaso>> si disse estraendo un nero pugnale ricurvo della grandezza di un coltello da macellaio.
         <<Nel nome della Signora dell’Abisso!>> esclamò assaporando il piacere di una tale uccisione.
Sennonché, la curiosità della gente che da dentro le loro case aveva sentito un terribile frastuono, ebbe la meglio sulla paura. Dalle case che costeggiavano la via sciamò un nugolo di persone che, visto il paladino a terra, accorse verso il corpo immobile.
Lo scheletro dell’Imp, nel frattempo, si dissolse come neve al sole senza lasciare tracce.
         <<Signora Malstorm!>> gridò uno avvicinandosi.
Rodendosi dalla rabbia, la donna fu costretta a rinfoderare l’arma e sfoggiare un viso il più possibile triste e preoccupato.
         <<Sembra ferito>> disse portandosi le mani ai capelli, rivolta all’uomo che l’aveva chiamata.
Presto altri uomini affollarono il luogo del misfatto. Uno di questi prese la signora Malstorm sottobraccio.
         <<Non è cosa che una signora debba vedere>> le disse con gentilezza.
         <<Grazie mio caro>> gli rispose lei, fingendosi sollevata ma pensando, in realtà, di maledirli tutti.

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Tra le persone che stavano accorrendo vi era anche Ed.
         <<Sandra!>> chiamò l’uomo. <<Tu resta qui con la mamma, io devo andare a dare una mano a quel Paladino che è stato qui poco fa ad aiutarci.>>
         <<Si papà, va bene>> rispose la ragazzina stringendosi i vestiti addosso per ripararsi dal freddo che era entrato dalla porta di casa. <<Torna presto>> lo pregò poi, preoccupata.
         <<Tranquilla piccola mia, si tratta solo di aiutare a portarlo al Tempio. Se hai paura, puoi chiedere una gentilezza alla signora Malstorm; chiedile di farvi compagnia finché non sarò di ritorno, anche lei è sola e penso che accetterà volentieri>> le consigliò accarezzandola.
         <<Si, va bene, farò così>> le rispose lei, ora più tranquilla.
Ed, di corsa, uscì di casa per tornare sul luogo del misfatto.
Nel frattempo, Bran era già stato sistemato su di una rudimentale portantina di stracci, e ad Ed non restò che fare da quarto barelliere. Un quinto uomo, invece, mentre gli altri rincasavano dalle loro famiglie, corse verso il Tempio per dare l’infausta notizia.
Ed e gli altri, circa a metà strada, incontrarono un gruppo di tre paladini che, avvertiti della caduta del loro compagno, si erano precipitati verso il luogo dell’accadimento. Tra questi vi era un Damien dai duri lineamenti contratti in una smorfia di dolore e preoccupazione.
         <<Appoggiatelo a terra>> ordinò il GranMaestro della Gilda ad Ed e agli altri tre portantini i quali, immediatamente, obbedirono. <<Qualcuno sa dirmi cos’è successo a Bran?>> chiese chinandosi sul corpo del giovane paladino.
         <<Nessuno, Bianco Signore>> gli rispose Ed. <<Quando siamo usciti, giaceva già a terra in queste condizioni>> continuò; gli altri confermarono la sua versione.
         <<Capisco>> rispose Damien tastando il collo del giovane dai lunghi capelli biondi. <<E’ ancora vivo, anche se il battito è debole…>> così dicendo, il GranMaestro si sfilò dal collo il medaglione di Orus e, appoggiatolo sul petto del suo paladino, si concentrò per lanciare un incantesimo che neutralizzasse il veleno che scorreva abbondante nelle vene di quest’ultimo. Il chiarore salvifico si trasmise dalle sue mani al medaglione per diffondersi poi sul corpo di Bran con una lentezza infinita: il veleno, infatti, aveva intaccato ogni fibra del corpo del giovane e rimuoverlo risultò un’operazione molto lunga e faticosa anche per il potente Damien.
         <<Ora è fuori pericolo di vita, se non altro>> dichiarò uno spossato GranMaestro, per il sollievo di tutti. <<Portatelo al Tempio dove vi aspetterà una congrua ricompensa per il vostro gradito servizio. Grazie di cuore a tutti voi>> disse, per poi congedarsi con un inchino.
         <<Scortateli fino a destinazione>> ordinò poi agli altri due paladini che lo avevano accompagnato.

Bran fu condotto nella sua stanza laddove un paio di chierici, che alloggiavano nel Tempio, si presero cura di lui.
I due guaritori lo spogliarono e gli ripulirono le ferite cosicché non si infettassero e, dopo averlo bendato, gli praticarono alcuni incantesimi di guarigione che aiutarono il suo corpo a rimarginarsi e ad assorbire il veleno inoculatogli dal demone alato.
Solo un paio d’ore più tardi i due lasciarono la stanza da letto del giovane paladino.

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Dopo una cena consumata in silenzio, e dopo aver assistito alle funzioni serali, Thoris e Damien poterono ritirarsi nella Sala del Bianco Scranno per discutere del sinistro evento.
         <<Chi mai in città potrebbe volere la morte di un Paladino?>> si interrogò il GranMaestro.
         <<Con tutti i nemici al di là dei confini del Sacro Regno, non vedo proprio chi!>> gli rispose Thoris mettendosi le mani tra i lunghi capelli castani. <<Dobbiamo dunque dedurre di avere un nuovo nemico?>> continuò poi, alzando lo sguardo in direzione dell’altro.
         <<Suppongo che non ci siano altre spiegazioni, caro Thoris. Solo mi chiedo come possa un nemico essersi infiltrato ad Ororia passando inosservato!>> esclamò incredulo.
         <<Penso che Bran possa darci le risposte>> sentenziò Thoris.
         <<Lo penso anche io>> concordò l’altro paladino. <<Se il nemico voleva la sua morte è perché aveva scoperto qualcosa, su questo non ci piove.>>
         <<Spero solo che il nemico che ci troveremo a combattere non abbia a che fare con la Nera Gemella…>> aggiunse Thoris, cupo.
         <<Il mio cuore mi dice il contrario, purtroppo. Il fatto che il medaglione che porti al collo abbia iniziato a pulsare di energia negativa è un indizio in quel senso…>> asserì Damien incrociando le braccia. <<A proposito, come ti senti?>> gli chiese.
         <<Grazie alle preghiere, non troppo male. La fede mi sostiene e la scintilla divina è ogni giorno rinvigorita dalla potenza che Orus ha la grazia di concedermi>> lo rassicurò. <<Ma sento anche che il giorno fatidico sta avvicinandosi rapidamente, spero solo che l’inganno funzioni.>>
         <<Funzionerà, caro Thoris, funzionerà. Il medaglione è al sicuro tra le tue mani più di quanto sarebbe nelle mie>> gli rispose Damien fissandolo dritto negli occhi, conferendogli forza e determinazione. <<Per il resto, amico mio, dobbiamo solo attendere il risveglio del buon Bran, e forse i nostri dubbi saranno fugati.>>


Come di consueto, miei cari lettori e ancor più care lettrici, vi consiglio di ascoltare qualche brano per accompagnare la lettura di questo nuovo capitolo del mio romanzo fantasy: Virgin Steele - A whisper of deathSaxon - Power and the gloryPeter Crowley - The Lord of Abyss.

Leggete, condividete e collezionate tutti i capitoli di Bran il Paladino: attacco al Tempio!

Zaffo

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